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REGGIO CALABRIA – «Eravamo pronti ad eliminare chiunque fosse venuto da noi a chiedere dell’omicidio di Vincenzo Femia». Una parte della ‘ndrangheta era pronta alla guerra di mafia per prendere in mano il controllo totale della piazza dello spaccio nella Capitale. Il collaboratore di giustizia Gianni Cretarola sta raccontando ai magistrati della Distrettuale antimafia tutto quello che sa e che conosce delle famiglie della Locride, e non solo. Cretarola è un killer, un picciotto dei clan a Roma, uno di quelli che per le famiglie calabresi ha battuto le strade dei quartieri dello spaccio imponendo regole e direttive, e quando era necessario era pronto ad usare la forza e le armi. 
E’ nel suo garage che la Squadra Mobile capitolina guidata da Renato Cortese ha trovato un arsenale. Ma soprattutto è Gianni Cretarola ad avere rivelato i retroscena dell’omicidio del boss Vincenzo Femia, un uomo di rispetto nel panorama criminale sull’asse Calabria-Roma, un uomo legato a rapporti di parentela e affari alle famiglie di San Luca. 
Secondo le indagini della Polizia ma soprattutto secondo le rivelazioni del pentito Cretarola una parte delle famiglie calabresi, più in particolare quelle legate a Giovanni Pizzata, avrebbero inteso eliminare Femia per non avere ostacoli nella gestione dello spaccio e del traffico di droga nella Capitale. «Sapevamo come funzionano le cose, sempre allo stesso modo – ha riferito Cretarola ai magistrati – poi dopo l’omicidio se veniva qualcuno eravamo pronti ad eliminarlo, era deciso». Secondo gli investigatori Gianni Cretarola è a conoscenza di molti segreti della ‘ndrangheta a Roma, ne conosce dinamiche e movimenti e adesso sta mettendo tutto nero su bianco, chiamando in causa anche esponenti dei clan reggini. 
Per l’omicidio a Castel di Leva di Vincenzo Femia, avvenuto il 24 gennaio 2013, un mese fa sono stati arrestati Massimiliano Sestito, Francesco e Antonio Pizzata. Secondo le indagini Massimiliano Sestito, avrebbe sparato con una calibro 9, Francesco Pizzata con una 357 magnum, mentre Antonio Pizzata avrebbe dato appoggio ai killer. 
Sul luogo del delitto, per sua stessa ammissione, anche Gianni Cretarola che avrebbe trascinato in trappola il boss Femia con la scusa di un appuntamento. Femia sarebbe stato ucciso perché, i sui legami di parentela con la famiglia Nirta di San Luca e i suoi trascorsi lo facevano una figura di peso nelle dinamiche della criminalità a Roma, un peso che avrebbe intralciato l’ambizione di un’altra parte di famiglie di ‘ndrangheta che nella Capitale volevano gestire il traffico di droga senza dare conto a nessuno. 
Secondo gli investigatori però dietro il delitto di Vincenzo Femia ci sarebbero anche gli assetti e gli equilibri tra clan che in questi mesi si starebbero ridisegnando. Per capire come la ‘ndrangheta sia inserita nelle piazze romane i magistrati antimafia stanno trascrivendo le parole di Gianni Cretarola e stanno cercando i riscontri alle sue dichiarazioni, una sorta di romanzo criminale raccontato direttamente da uno dei protagonisti. Ma c’è di più, a quanto sembra le conoscenze del collaboratore di giustizia vanno oltre la sfera di soggetti che gravitano intorno a Roma e ai clan che operano nel Lazio. Infatti Cretarola è un vero e proprio affiliato che era informato anche dei movimenti di alcuni uomini della ‘ndrangheta che operano in altre zone di Italia.
 Le parole del collaboratore stanno fornendo agli inquirenti un quadro preciso e dettagliato delle vie della droga su Roma e sugli approvigionamenti esterni, un fiume di parole che potrebbe far saltare i piani dei boss. 

REGGIO CALABRIA – «Eravamo pronti ad eliminare chiunque fosse venuto da noi a chiedere dell’omicidio di Vincenzo Femia». Una parte della ‘ndrangheta era pronta alla guerra di mafia per prendere in mano il controllo totale della piazza dello spaccio nella Capitale. Il collaboratore di giustizia Gianni Cretarola sta raccontando ai magistrati della Distrettuale antimafia tutto quello che sa e che conosce delle famiglie della Locride, e non solo. Cretarola è un killer, un picciotto dei clan a Roma, uno di quelli che per le famiglie calabresi ha battuto le strade dei quartieri dello spaccio imponendo regole e direttive, e quando era necessario era pronto ad usare la forza e le armi. E’ nel suo garage che la Squadra Mobile capitolina guidata da Renato Cortese ha trovato un arsenale. 

 

Ma soprattutto è Gianni Cretarola ad avere rivelato i retroscena dell’omicidio del boss Vincenzo Femia, un uomo di rispetto nel panorama criminale sull’asse Calabria-Roma, un uomo legato a rapporti di parentela e affari alle famiglie di San Luca. Secondo le indagini della Polizia ma soprattutto secondo le rivelazioni del pentito Cretarola una parte delle famiglie calabresi, più in particolare quelle legate a Giovanni Pizzata, avrebbero inteso eliminare Femia per non avere ostacoli nella gestione dello spaccio e del traffico di droga nella Capitale. «Sapevamo come funzionano le cose, sempre allo stesso modo – ha riferito Cretarola ai magistrati – poi dopo l’omicidio se veniva qualcuno eravamo pronti ad eliminarlo, era deciso». Secondo gli investigatori Gianni Cretarola è a conoscenza di molti segreti della ‘ndrangheta a Roma, ne conosce dinamiche e movimenti e adesso sta mettendo tutto nero su bianco, chiamando in causa anche esponenti dei clan reggini. Per l’omicidio a Castel di Leva di Vincenzo Femia, avvenuto il 24 gennaio 2013, un mese fa sono stati arrestati Massimiliano Sestito, Francesco e Antonio Pizzata. Secondo le indagini Massimiliano Sestito, avrebbe sparato con una calibro 9, Francesco Pizzata con una 357 magnum, mentre Antonio Pizzata avrebbe dato appoggio ai killer. 

Sul luogo del delitto, per sua stessa ammissione, anche Gianni Cretarola che avrebbe trascinato in trappola il boss Femia con la scusa di un appuntamento. Femia sarebbe stato ucciso perché, i sui legami di parentela con la famiglia Nirta di San Luca e i suoi trascorsi lo facevano una figura di peso nelle dinamiche della criminalità a Roma, un peso che avrebbe intralciato l’ambizione di un’altra parte di famiglie di ‘ndrangheta che nella Capitale volevano gestire il traffico di droga senza dare conto a nessuno. Secondo gli investigatori però dietro il delitto di Vincenzo Femia ci sarebbero anche gli assetti e gli equilibri tra clan che in questi mesi si starebbero ridisegnando. Per capire come la ‘ndrangheta sia inserita nelle piazze romane i magistrati antimafia stanno trascrivendo le parole di Gianni Cretarola e stanno cercando i riscontri alle sue dichiarazioni, una sorta di romanzo criminale raccontato direttamente da uno dei protagonisti. Ma c’è di più, a quanto sembra le conoscenze del collaboratore di giustizia vanno oltre la sfera di soggetti che gravitano intorno a Roma e ai clan che operano nel Lazio. Infatti Cretarola è un vero e proprio affiliato che era informato anche dei movimenti di alcuni uomini della ‘ndrangheta che operano in altre zone di Italia. Le parole del collaboratore stanno fornendo agli inquirenti un quadro preciso e dettagliato delle vie della droga su Roma e sugli approvigionamenti esterni, un fiume di parole che potrebbe far saltare i piani dei boss. 

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