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VIGGIANELLO – Il dato di fatto è che almeno sino al prossimo 8 di aprile, quando cioè il Consiglio di Stato entrerà nel merito del ricorso presentato dai sindaci di Viggianello e Rotonda e dalle associazioni ambientaliste, la centrale a biomasse dell’Enel, nella valle del Mercure, resta spenta. Il sospetto dei sindaci dei due comuni lucani e dei membri tutti del comitato Stefano Gioia e delle associazioni ambientaliste di Basilicata e Calabria è che possa spuntare a sorpresa un decreto “salva Enel” che rimetta in funzione la centrale prima della sentenza di merito del Consiglio di Stato.

Un dubbio, per l’appunto, non confermato da nessuna fonte ufficiale ma che ha spinto gli attivisti che si battono contro la riaccensione della centrale a riunirsi, di nuovo, ieri pomeriggio in assemblea a Viggianello per fare il punto della situazione dopo il blocco dell’autostrada A3 da parte degli attivisti pro centrale e per discutere delle nuove azioni da mettere in atto per mantenere alta l’attenzione sulla questione. L’idea è quella di una nuova manifestazione che si terrà  nella valle nelle prossime settimane e che potrebbe spingersi sino alla sede romane del ministero dell’ambiente nel caso in cui le istanze dei manifestanti non venissero accolte. Forme di contrasto civili e democratiche, assicurano i manifestanti in risposta anche all’appello alla «calma e al senso di responsabilità» lanciato nei giorni scorsi dal governatore Marcello Pittella. Del resto in ballo c’è l’intero destino di una valle che nel Parco del Pollino ha sempre creduto e che su questo ha modellato la sua intera economia.

Già martedì, dopo le rassicurazioni del prefetto di Potenza, le porte dei municipi di Viggianello e Rotonda chiuse in tutta risposta al blocco dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria, mandato avanti anch’esso sino a martedì dagli autotrasportatori al servizio della centrale Enel del Mercure , sono state riaperte. «Non vogliamo assolutamente che le istituzioni che governano al di sopra dei comuni condizionino la legge, né tantomeno che vengano emanati decreti che salvino la centrale come accaduto già con l’Ilva di Taranto –  spiega Vincenzo Corraro, sindaco di Viggianello –  sulla lotta che stiamo portando avanti contro la centrale c’è tanta disinformazione. C’è il rischio in particolare che i cittadini dei 28 comuni del parco che si battono contro la riattivazione, in tutto circa 4000, vengano bollati come una sparuta minoranza di facinorosi. Così non è visto che già Regione Basilicata ed ente parco hanno espresso parere negativo sulla riattivazione, così come la stessa giustizia amministrativa. Chi ha investito nel parco sta dicendo no alla centrale e continuerà a farlo». A quanti parlano di opportunità occupazionali per gli abitanti della valle il sindaco risponde: «la centrale non creerà di certo nuovi posti di lavoro, anzi finirebbe col falciare quelli che già esistono e che sono legati all’agricoltura, che si fregia di Dop importanti ed al turismo». Poi c’è la questione dell’inquinamento dei comuni che si trovano nella valle dove, a causa della particolare conformazione dell’area, non è possibile il veloce ricambio dell’aria: «già uno studio condotto dall’Enel nel 1987 – continua il sindaco – quando cioè l’impianto funzionava con combustibile, dimostrò che i fumi prodotti  dall’impianto venivano spinti direttamente sui nostri paesi». Parla di interessi criminosi che starebbero  dietro alla messa in funzione dell’impianto  da 41 megawatt situato tra Laino Borgo e Rotonda, il dottor Ferdinando Laghi dell’Ospedale di Castrovillari, attivista del comitato: «Esiste una mafia dei boschi, un vero e  proprio gruppo criminale, che da tempo cerca di portare avanti progetti per la deforestazione del patrimonio boschivo di tutta la Basilicata e anche della stessa Calabria».

Per questo motivo, e dopo anche l’impegno manifestato dal ministro Andrea Orlando a studiare il caso per trovare una soluzione a margine della riunione di martedì scorso con il presidente della regione Calabria Giuseppe Scopelliti, la guardia del comitato contro la riattivazione della centrale rimane alta. «Stiamo allerta – ribadisce Giovanni Pandolfi, sindaco di Rotonda – da anni lottiamo contro l’impianto e ancora oggi riteniamo sia giusto continuare a farlo per affermare i diritti dei cittadini che vogliono vivere in un ambiente sano perché, lo  sappiamo, che la centrale inquina. L’impianto è solo un mostro e la sua esistenza qui, all’interno di un parco nazionale, è inconcepibile».

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