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REGGIO CALABRIA – Doveva essere un polo sanitario pubblico di eccellenza, ma dopo cinque anni dalla sua ultimazione non è mai entrato in funzione. E’ accaduto a Reggio Calabria, dove gli uomini del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria hanno segnalato alla Corte dei Conti un danno erariale di oltre 40 milioni di euro derivante proprio dalla mancata attivazione del polo sanitario pubblico di eccellenza destinato alla prevenzione e cura delle malattie cardiovascolari. 

Le indagini del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Reggio Calabria hanno permesso di rilevare, tra l’altro, che una volta costruito, il centro non è mai entrato in funzione a causa della mancata previsione, in fase progettuale, di risorse finanziarie necessarie all’assunzione di personale specializzato.

Così, le avanzate e costose apparecchiature biomedicali, acquistate con un leasing in 18 rate da 500.000 euro, per le quali l’Azienda ospedaliera ha ancora in corso i pagamenti insieme alle spese di manutenzione, giacciono inutilizzate e destinate a diventare obsolescenti in breve tempo. Inoltre, si è constatato che l’assenza del servizio ha comportato, per molti pazienti, la necessità di “migrare” altrove per ricevere cure specialistiche del miocardio con costi per la sanità pubblica calabrese stimati in oltre 7 milioni di euro annui. 

Secondo il progetto, dunque, la struttura sarebbe dovuta entrare in funzione per razionalizzare e fare interagire in maniera trasversale le singole aree funzionali delle Unità Operative di Cardiologia e Cardiochirurgia. E invece il “Centro Cuore” di Reggio Calabria giace, ultimato e non operativo, al secondo piano dell’Ospedale “Bianchi-Melacrino-Morelli”, con più di 18 milioni di euro di denaro pubblico stanziati, un mancato risparmio per la sanità calabrese stimato in oltre 7 milioni di euro l’anno e nessun servizio ai pazienti, reggini e non. 

I militari del Nucleo polizia tributaria della Guardia di Finanza di Reggio Calabria – Sezione Tutela Spesa Pubblica hanno ricostruito l’iter burocratico che ha condotto all’ennesima “incompiuta”. A bandire la gara d’appalto con procedura aperta per la realizzazione del Centro era stata l’Azienda Ospedaliera “Bianchi-Melacrino-Morelli” nel 2006. La commissione giudicatrice, nel valutare le offerte proposte da tre Associazioni Temporanee d’Impresa, nel settembre del 2007 aveva decretato l’aggiudicazione dell’appalto all’Ati “Siemens Medical Solution S.p.a.”, con un’offerta di quasi 13 milioni di euro più Iva, “chiavi in mano”. 

Nel novembre 2007 una delle Ati concorrenti, composta dalla società lombarda “GE Medical System Italia S.p.a.” e dalla ditta reggina “Edilminniti”, ha proposto ricorso al Tar Calabria per l’annullamento dell’aggiudicazione della gara, opponendo alcune difformità fra il progetto dell’Azienda ospedaliera e le offerte presentate dalle altre Ati, in merito alla realizzazione di alcune infrastrutture e all’installazione di specifiche apparecchiature. Il ricorso, accolto dal Tar Calabria, è stato a sua volta impugnato dall’Ati “vincitrice” al Consiglio di Stato, che ha respinto l’istanza, aggiudicando definitivamente i lavori alla “GE Medical System Italia S.p.A. – Edilminniti”. 

Il “Centro Cuore” è stato ultimato e collaudato nel dicembre 2011, a cinque anni dall’indizione della gara d’appalto, ma non è mai entrato in funzione. Le ragioni sono da ricercarsi anche nell’impossibilità, scaturita dall’intervenuto Piano di Rientro dal disavanzo della spesa sanitaria della Regione Calabria, di assumere il personale medico e paramedico specializzato che avrebbe dovuto consentire l’attivazione e l’entrata “a regime” della struttura.

La Guardia di finanza ha segnalato sei pubblici funzionari alla Procura Regionale della Corte dei Conti di Catanzaro. L’informativa è stata trasmessa anche alla Procura della Repubblica di Reggio Calabria. Una nuova tegola su un sistema che appare allo sbando, tra screening oncologici che non funzionano e mancanza di personale medico (LEGGI). 

 

 

 

 

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