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di PASQUALINO RETTURA

La notte di Natale un ordigno esplose davanti l’ingresso del Centro sociale. nella notte tra sabato e domenica, alle 4 di mattina, un pallottola 7.65 colpisce la finestra del secondo piano del palazzo confiscato alla cosca Torcasio in via dei Bizantini (quartiere Capizzaglie dove proprio mercoledì prossimo si terra una manifestazione anti ‘ndrangheta) che ospita diversi Centri sociali della Comunità “Progetto Sud” di cui è fondatore e presidente don Giacomo Panizza, il sacerdote più volte preso di mira con intimidazioni.
La pallottola è entrata all’interno della cucina del Centro sociale “Dopo di noi” al secondo piano del palazzo. In quel momento c’era un’operatrice che però non ha sentito il rumore di uno sparo. Solo domenica mattina si è accorta del proiettile che aveva forato la finestra. Ed è ben presto spiegato perchè non è stato udito lo sparo. Probabilmente perchè chi ha sparato lo ha fatto da una certa distanza, dall’alto verso il basso, da un’abitazione insomma e non dalla strada. Quindi la traiettoria del proiettile è arrivata debole, secondo una prima ipotesi. Questo infatti lo ha ipotizzato il prefetto di Catanzaro, Antonio Reppucci, recatosi sul posto ieri mattina insieme al questore di Catanzaro, Vincenzo Roca. «Tendo in assenza di certezze – ha detto Reppucci – ad allargare il giro e dico che può essere anche uno squilibrato, uno che avesse bevuto o che avesse assunto sostanze stupefacenti. Dobbiamo vedere, andare in profondità. Se è un atto intimidatorio dico che non ci intimidiscono per niente, per me rimangono delle bestie, degli omini senza cervello e per me non la vinceranno».
E spiega dunque che «la traiettoria del proiettile è dall’alto verso il basso. Certamente non era destinato a fare male. Se è un atto simbolico rimane un atto simbolico e volevano solo intimidire. Dovrebbe essere partito da qualche casa di fronte, si sta verificando questo. Non è certamente dalla strada». E su un possibile collegamento con l’ordigno la notte di Natale, per il prefetto «tutto può essere collegato, però in mancanza di indizi di certezze possiamo solo al limite parlarne. Ma è difficile ipotizzare il collegamento fra i due casi. Se volevano potevano anche costruire un atto intimidatorio più eclatante. È questa la mia perplessità. Se volevano collegare tutto alla marcia di mercoledì sera, potevano fare qualcosa di più eclatante. E’ prematuro dare una soluzione definitiva o un giudizio definitivo». E ribadisce: «Se è un atto intimidatorio dico che non abbiamo paura di niente perchè lo Stato continuerà a reagire. La magistratura con sequestri ed arresti ha fatto un lavoro pregevole e si continuerà perchè bisogna colpire nella tasca questi animali, senza nessuna offesa per gli animali».
Arriva anche don Giacomo Panizza, ancora una volta costretto a commentare l’ennesimo episodio contro i Centri sociali della Comunità “Progetto Sud”: «noi crediamo che la vita deve continuare, le vigliaccherie fanno fatte cessare e la popolazione deve credere di più nella solidarietà di tutti i giorni. Il 29 febbraio la città con l’iniziativa “il giorno che non c’è” vuole dire siamo solidali con noi stessi, perchè la ‘ndrangheta non spara solo in questa zona ma in tutta la Calabria e tutta Lamezia Terme. La paura c’è, però la vita chiede il coraggio di avere anche paura ogni tanto. Purtroppo è brutto dire che le pallottole fanno male e che non ci fermeranno. Ma la solidarietà va partecipata e vissuta giorno dopo giorno. È il momento di resistere tutti insieme per traghettare un’altra Calabria».

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