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ROMA, 5 MAR – Ventiquattro condanne per un totale di 60 anni di reclusione sono state sollecitate dalla Procura di Roma nel processo a carico di componenti del clan ndranghetista degli Alvaro. Il gruppo criminale è accusato di essere di fatto entrato in possesso di numerose attività commerciali a Roma: bar e ristoranti del centro della Capitale, come il ‘Cafè de Paris’, in via Veneto, un tempo locale degli anni della Dolce Vita ed oggi oggetto per investimenti malavitosi. Gli imputati sono accusati di trasferimento fraudolento di beni. (ANSA).
(ANSA) – ROMA, 5 MAR – Tra le richieste formulate dal pm Francesco Minisci, quella a 7 anni di reclusione per Vincenzo Alvaro e a 5 anni per Damiano Villari, ritenuti dagli inquirenti le figure di primo piano nelle attività illecite. 
Al centro della vicenda, decine di locali (tra bar e ristoranti) che esponenti della cosca Alvaro decisero di acquistare a Roma affidandone poi la gestione a propri familiari o a soggetti di particolare fiducia cui vengono intestati i beni “pure in mancanza di disponibilità economica” o di “specifica competenza professionale”. 
“Il contesto in cui gli imputati hanno compiuto il reato di trasferimento fraudolento di beni per eludere la normativa in materia di misure di prevenzione – ha detto il pm Francesco Minisci -è di elevata mafiosità”.
Villari, dopo le richieste, ha commentato: “dopo questi 5 anni di disperazione credo ancora nella giustizia pulita e sana ma anche in un ‘giudice a Berlinò. Mi trovo così solo perchè ho creato lavoro da onesto cittadino italiano”.

VENTIQUATTRO condanne per un totale di 60 anni di reclusione sono state sollecitate dalla Procura di Roma nel processo a carico di componenti del clan ndranghetista degli Alvaro di Cosoleto, in provincia di Reggio Calabria. Il gruppo criminale è accusato di essere di fatto entrato in possesso di numerose attività commerciali a Roma: bar e ristoranti del centro della Capitale, come il “Cafè de Paris”, in via Veneto, un tempo locale degli anni della Dolce Vita ed oggi oggetto per investimenti malavitosi. Gli imputati sono accusati di trasferimento fraudolento di beni. Nel 2011 nell’ambito delle indagini seguite agli arresti, era scaturito un procedimento di confisca da 200 milioni (LEGGI) che riguardava, tra l’altro, proprio il celebre locale.

 

Tra le richieste formulate dal pm Francesco Minisci, quella a 7 anni di reclusione per Vincenzo Alvaro e a 5 anni per Damiano Villari, ritenuti dagli inquirenti le figure di primo piano nelle attività illecite. Al centro della vicenda, decine di locali (tra bar e ristoranti) che esponenti della cosca Alvaro decisero di acquistare a Roma affidandone poi la gestione a propri familiari o a soggetti di particolare fiducia cui vengono intestati i beni “pure in mancanza di disponibilità economica” o di “specifica competenza professionale”. 

«Il contesto in cui gli imputati hanno compiuto il reato di trasferimento fraudolento di beni per eludere la normativa in materia di misure di prevenzione – ha detto il pm Francesco Minisci -è di elevata mafiosità». Villari, dopo le richieste, ha commentato: «Dopo questi 5 anni di disperazione credo ancora nella giustizia pulita e sana ma anche in un”giudice a Berlino”. Mi trovo così solo perchè ho creato lavoro da onesto cittadino italiano».

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