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VALBASENTO – Si sono da otto giorni “autoreclusi” all’interno dei locali della mensa di Tecnoparco.
E non intendono sospendere la loro “clausura” fino a quando non avranno la certezza che il proprio posto di lavoro non è in discussione.
Protagonisti dell’insolita vicenda due fratelli Mario e Luciano Recchia (nella foto). Inseparabili sin dalla nascita (sono gemelli), hanno deciso di affrontare insieme anche questa battaglia.
Mario e Luciano sono due degli otto dipendenti della Pragma Service che fino al 31 gennaio scorso aveva in carico la gestione della mensa aziendale.
Dal 1 febbraio al suo posto avrebbe dovuto fornire il servizio un’altra ditta: la Salerno Giuliano di Tursi. Nel frattempo però, Pragma ha impugnato lo “sfratto” dai locali, tant’è che il passaggio di consegne da una gestione all’altra non è mai avvenuto.
A difendere il “territorio” proprio i due fratelli che hanno deciso di non muoversi dalla mensa fino a quando non sarà dimostrato che Pragma non ha diritto a proseguire nella fornitura del servizio.
Dal 31 gennaio Mario e Luciano vivono da segregati. Gli unici contatti con l’esterno attraverso il telefono cellulare. Per il resto, il loro isolamento è totale.
Non è consentito a nessuno di avvicinarli per passargli una coperta, vestiti puliti o più semplicemente scambiare due chiacchiere. La vigilanza di Tecnoparco, per ovvie ragioni di sicurezza, impedisce qualsiasi tipo di sconfinamento.
«Da otto giorni – racconta Mario, sentito telefonicamente – viviamo come due carcerati.
L’unica differenza è che noi non abbiamo una pena da scontare, ma dobbiamo difendere il nostro posto di lavoro. Non è facile – aggiunge – stiamo patendo il freddo e stiamo facendo i conti con le scorte alimentari sempre più scarse, ma non molliamo». Anche se resistere non è facile. Il tempo in un salone vuoto è infinito. C’è davvero poco da fare. Persino dormire non è un’attività agevole.
«La notte si muore di freddo – conferma Mario- cerchiamo di scaldarci avvolgendoci nei cartoni o sdraiandoci sulle sedie». Non proprio il massimo del comfort, insomma.
E pure il cibo ormai scarseggia. «Ci stiamo arraggiando con un po’ di latte e insaccati – raccontano i due – per non restare digiuni non ci concediamo più di un pasto al giorno». Problematico anche lavarsi. «Siamo senza acqua calda – dicono- e d’inverno non è la condizione ideale».
Perchè patire tutte queste privazioni allora? «Per evitare che anche a noi venga vietato di rientrare nei locali, come è gia accaduto ai nostri colleghi – rispondono all’unisono – Rimarremo qui fino a quando avremo giustizia. Confidiamo nell’intervento delle istituzioni.
La sofferenza non ci spaventa. Nè quella fisica, nè quella psicologica. Siamo ciclisti dilettanti, siamo abituati al sacrificio e alla fatica. E soprattutto a non abbandonare mai il percorso a metà. Adesso stiamo affrontando la nostra tappa più dura, ma non scenderemo di sella fino a quando non avremo tagliato la linea del traguardo».

Margherita Agata

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