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PARCO DEL POLLINO – I cinghiali stanno devastando i campi, l’agricoltura è quasi in ginocchio e il Parco del Pollino continua a proteggere l’animale e non l’uomo. Questo il grido d’allarme dello scrittore Andrea Di Consoli che, proprio sulle pagine del nostro giornale, ha raccontato la quotidiana odissea dei contadini che vivono e lavorano nell’area del Parco nazionale del Pollino. Una situazione che si sta notevolmente aggravando, la presenza degli animali è quasi insostenibile e non sono state prese, finora, le giuste misure per salvaguardare chi di agricoltura vive. Anzi, da parte del Parco nazionale – denuncia Di Consoli – c’è un’attenzione particolare agli animali. L’abbattimento è quasi impossibile e rischiano molte salate gli agricoltori che tentano di difendere le loro terre, i loro raccolti. Dopo le numerose polemiche, in realtà, il Parco nazionale del Pollino qualche misura l’ha presa: «ha aperto – dice Di Consoli – un piano sperimentale di abbattimento selettivo del cinghiale (selezionati 370 operatori)». Finora, però, i risultati non sono stati soddisfacenti, «perchè – spiegano alcuni cacciatori – è stata messa in pratica la tecnica dell’appostamento. Cioè ci si mette nascosti e si aspetta che il cinghiale ci compaia davanti. Una cosa assurda, che ha portato risultati pari allo zero». Ci sono misure alternative, secondo i cacciatori. «La girata con il cane, per esempio. Un sistema che non solo permette con certezza di trovarli, ma che consente anche di fare spostare i cinghiali in aree lontane rispetto a quelle che si vogliono proteggere». E poi comunque serve un serio monitoraggio: «dai dati a nostra disposizione – spiegano i cacciatori – c’è sicuramente una situazione di emergenza proprio nel Parco del Pollino. In altre zone, infatti, la situazione è sotto controllo, i cinghiali non sono in sovrannumero. Dopo il monitoraggio, si potranno individuare i capi da prelevare annualmente». Che si intende per “prelevare”? «Non è detto – continuano i cacciatori – che si debba solo utilizzarli per le attività venatorie. I cinghiali potrebbero anche essere prelevati con delle gabbie di cattura, per esempio. In questo modo, poi, potrebbero essere trattati come un qualsiasi altro suino: macellati e avviati a un mercato di vendita dei prodotti ricavati». Una proposta sicuramente innovativa per risolvere un problema e creare, magari, un nuovo prodotto magari da esportare: la carne di cinghiale, del resto, è un alimento già largamente utilizzato in cucina. Il marchio “cinghiale del Pollino” potrebbe creare magari quei posti di lavoro che tanto si cerca di fare uscire. Va fatta, quindi – secondo i cacciatori – una seria programmazione. «Noi diciamo no – concludono – a speculazioni e al prelievo indiscriminato, proprio perché il cinghiale è l’unico animale selvatico che consente le attività venatorie. Certamente delle soluzioni ci sono». La Regione, comunque, si è già attivata: sul problema c’è già pronta una delibera che sarà votata in questi giorni.

an. g.

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