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CATANZARO – Era visto come uno dei manager “intoccabili”. Talmente forte da non essere sradicato dalla sua poltrona nemmeno dopo inchieste, disservizi, crolli e perplessità. Ed invece, per il presidente dell’Anas, Pietro Ciucci, è arrivato il momento di lasciare.

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Che fosse arrivato il tempo dei saluti, lo si era capito nella mattinata di lunedì, quando il messaggio del governo Renzi era abbastanza chiaro e faceva presupporre la volontà di “scaricare” il supermanager. E lui non ha potuto che prenderne atto. 

Dopo l’assemblea di metà maggio Ciucci si dimetterà dall’incarico di presidente e amministratore delegato dell’Anas, nel cui consiglio di amministrazione è rimasto solo da quando il 24 marzo, seguendo l’esempio di Maria Cannata, anche il consigliere Sergio Dondolini ha dato le dimissioni. Decisione obbligata dopo le dichiarazioni di Erasmo D’Angelis, responsabile della struttura di missione di Palazzo Chigi contro il dissesto idrogeologico, che ha chiesto a mezzo stampa di finirla “con lo scaricabarile“. Alla lettura dei giornali è seguito, oggi, un faccia a faccia tra Ciucci e il neo ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio. 

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Vertice che non deve essere stato uno scambio di cortesie visto che poche ore dopo sul sito dell’Anas è comparso un breve comunicato che informava della «intenzione di rimettere l’incarico». Subito dopo fonti ministeriali hanno fatto filtrare che il passo indietro è «molto apprezzato» e «apre la strada a una nuova stagione per i lavori pubblici e per l’Anas, in sintonia con la discontinuità che si sta avviando anche al ministero».

Dietro la decisione di Ciucci non ci sono solo i tanti problemi della viabilità in Sicilia e Sardegna, tra strade crollate e disservizi. Anche la Calabria è diventata uno dei punti deboli del manager abituato a scendere in questa terra tra tagli di nastro e inaugurazioni in pompa magna. 

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Sulla strada della carriera inarrestabile di Ciucci si sono posti di traverso due imponenti problemi calabresi: il crollo del viadotto sulla Salerno-Reggio Calabria, con i lavori dell’A3 mai ultimati nonostante le mille promesse e le tante date aggiornate, e l’inchiesta sui lavori per la realizzazione del tratto della nuova statale 106 compreso tra Squillace e Simeri Crichi.

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Pochi giorni fa, infatti, il supermanager è finito nel mirino della procura della Corte dei Conti del Lazio, che il 25 marzo ne ha chiesto la condanna per danno erariale. L’accusa ritiene che Ciucci e i tre condirettori generali del gruppo debbano restituire 17,3 milioni di euro perché nel 2010 hanno pagato oltre 47 milioni a una società del gruppo Astaldi, contraente generale del lotto della statale 106 Jonica, che lamentava di aver sforato i costi previsti dal progetto e chiedeva dunque un’integrazione. Soldoni che sarebbero stati concessi dopo la sottoscrizione di un “accordo bonario” finito però nel mirino della magistratura contabile.

E per quanti conoscono quel tratto della nuova statale 106 si aggiunge anche la beffa per i lavori mai ultimati, a causa dei continui aggiustamenti ad una strada che continua a “muoversi” con avvallamenti e tratti da rifare. A poco sono servite, sin dalla sua inaugurazione, le “pezze” giustificative dell’Anas che ha sempre sostenuto che si trattava di “normali” assestamenti. 

Nell’inchiesta della Procura della Corte dei Conti del Lazio è finita, dunque, la realizzazione del lotto della statale 106 Jonica tra lo svincolo di Squillace e quello di Simeri Crichi e di 5 chilometri di prolungamento della statale 280 dei Due Mari tra lo svincolo di San Sinato e quello di Germaneto, sempre nel Catanzarese. 

La magistratura contabile sostiene che la decisione di raggiungere un “accordo bonario” abbia creato un danno erariale, dal momento che il contraente generale è responsabile in toto dell’opera e se ne assume tutti i rischi, dovendo fornire l’opera finita senza pretendere soldi in più rispetto a quanto previsto nel contratto. Da qui il danno contestato dalla Procura generale quantificato in 38,5 milioni e che la Cassazione ha poi limato a 17,3. 

 

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