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REGGIO CALABRIA – «Si cercava di evitare un comportamento molesto durante le lezioni con studenti “difficili”, con cognomi importanti come Pelle, Strangio o Nirta, se presi per il verso sbagliato, tentano di distruggere l’immagine del docente e rovinano il clima di un intero corso». Sono le dichiarazioni che un professore dell’Università “Mediterranea” di Reggio Calabria, facoltà di Architettura, ha fatto agli uomini del Ros. Dichiarazioni che si legano a quelle di altri docenti che nel parlare di Antonio Pelle (classe ’86), rampollo della famiglia di San Luca finito nell’inchiesta “Reale 5” che due giorni fa ha portato all’arresto di 26 persone quali fiancheggiatori del defunto boss Antonio Pelle “Gambazza”, hanno tracciato la figura di un giovane capace di influenzare, praticamente con la sola presenza, l’esito di esami e test universitari. 

Uno dei professori sentiti nel corso dell’indagine ha confermato che nei confronti degli studenti provenienti da famiglie ‘ndranghetiste, come il caso di Antonio Pelle si vedeva costretto ad utilizzare un comportamento diverso, più accondiscendente, per evitare contrasti. Nell’ordinanza dell’inchiesta della Distrettuale antimafia si fa riferimento proprio all’ atteggiamento dei docenti «i quali, va detto – scrive il Gip – in ragione delle proprie funzioni, nonché del bagaglio culturale e civico che è ragionevole ritenere essere in loro possesso, avrebbero dovuto opporre un contegno ben diverso». E invece, alla domanda se mai Pelle fosse stato raccomandato, la risposta di un docente è stata «non ne aveva bisogno, bastava il suo nome stesso ad incutere timore o rispetto reverenziale». 

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