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MELFI – La storia di Domenico Ferrara è una vicenda che merita di essere raccontata. Condannato per reati di camorra, previsti e puntiti dall’articolo 416 bis del codice penale per fatti risalenti a dieci anni fa il giovane napoletano ha scontato gran parte della sua pena. Nelle more del carcere Domenico ha saputo realmente reintegrarsi ed ha trascorso un periodo di semilibertà nella città di Melfi. Qui ha lavorato in realtà industriali della città ma soprattutto ha stretto rapporti di amicizia sincera con tanta gente. Sono diversi i ragazzi che quotidianamente invitavano Mimmo a pranzo od a cena e non solo giovani coetanei ma anche padri di famiglia che lo hanno ospitato, anche per più giorni, in casa propria così da evitargli spese di soggiorno in alberghi della zona. Sposato con un figlio, Mimmo tra pochi mesi diventerà padre per la seconda volta. La sua famiglia vive a Napoli: «e non poter sentire che per dieci minuti solo due volte alla settimana mio figlio al telefono – spiega il giovane trentaquattrenne, Domenico Ferrara – è la pena peggiore. Ma ho sbagliato in passato, pago il mio debito e poi vorrò dedicare tutta la vita a coltivare rapporti intensi con gli amici di Melfi e soprattutto con la mia famiglia che vorrei trasferire in Basilicata. Loro sono d’accordo e non vediamo l’ora di coronare il nostro sogno». A seguito del provvedimento definitivo della suprema Corte di cassazione, giunto la scorsa settimana per circa ottanta persone, a Mimmo Ferrara restano da scontare circa due anni di carcere. Accompagnato dal suo legale di fiducia del foro di Melfi Giuseppe Colucci, ieri Ferrara si è costituito: «perché in questa città ho scontato parte della mia detenzione, perché qui mi sento a casa – spiega Mimmo Ferrara – e perché qui intendo vivere la vita da persona libera insieme alla mia famiglia quando avrò pagato il conto con la giustizia di questo Paese». In effetti Domenico Ferrara si è costituito a Melfi perché, nella città che lo ha adottato, si trovava al momento in cui è stato spiccato l’ordine di carcerazione e vi era giunto per salutare amici e conoscenti. Quando Mimmo era in regime di semi libertà non era difficile incontrarlo in pescheria dove aiutava un amico a pulire il pesce per la sua clientela, oppure a giocare la schedina in ricevitoria con pronostico sempre vincente sul suo Napoli calcio ma anche per il Melfi, seconda squadra del cuore di Mimmo. Se il carcere italiano ha come obiettivo la reintegrazione dei detenuti, in questo caso ci è perfettamente riuscito.
Laviano Vittorio

MELFI – La storia di Domenico Ferrara è una vicenda che merita di essere raccontata. 

Condannato per reati di camorra, previsti e puntiti dall’articolo 416 bis del codice penale per fatti risalenti a dieci anni fa il giovane napoletano ha scontato gran parte della sua pena. Nelle more del carcere Domenico ha saputo realmente reintegrarsi ed ha trascorso un periodo di semilibertà nella città di Melfi. 

Qui ha lavorato in realtà industriali della città ma soprattutto ha stretto rapporti di amicizia sincera con tanta gente. Sono diversi i ragazzi che quotidianamente invitavano Mimmo a pranzo od a cena e non solo giovani coetanei ma anche padri di famiglia che lo hanno ospitato, anche per più giorni, in casa propria così da evitargli spese di soggiorno in alberghi della zona. 

Sposato con un figlio, Mimmo tra pochi mesi diventerà padre per la seconda volta. La sua famiglia vive a Napoli: «e non poter sentire che per dieci minuti solo due volte alla settimana mio figlio al telefono – spiega il giovane trentaquattrenne, Domenico Ferrara – è la pena peggiore. Ma ho sbagliato in passato, pago il mio debito e poi vorrò dedicare tutta la vita a coltivare rapporti intensi con gli amici di Melfi e soprattutto con la mia famiglia che vorrei trasferire in Basilicata. Loro sono d’accordo e non vediamo l’ora di coronare il nostro sogno».

A seguito del provvedimento definitivo della suprema Corte di cassazione, giunto la scorsa settimana per circa ottanta persone, a Mimmo Ferrara restano da scontare circa due anni di carcere. 

Accompagnato dal suo legale di fiducia del foro di Melfi Giuseppe Colucci, ieri Ferrara si è costituito: «perché in questa città ho scontato parte della mia detenzione, perché qui mi sento a casa – spiega Mimmo Ferrara – e perché qui intendo vivere la vita da persona libera insieme alla mia famiglia quando avrò pagato il conto con la giustizia di questo Paese». In effetti Domenico Ferrara si è costituito a Melfi perché, nella città che lo ha adottato, si trovava al momento in cui è stato spiccato l’ordine di carcerazione e vi era giunto per salutare amici e conoscenti. 

Quando Mimmo era in regime di semi libertà non era difficile incontrarlo in pescheria dove aiutava un amico a pulire il pesce per la sua clientela, oppure a giocare la schedina in ricevitoria con pronostico sempre vincente sul suo Napoli calcio ma anche per il Melfi, seconda squadra del cuore di Mimmo. Se il carcere italiano ha come obiettivo la reintegrazione dei detenuti, in questo caso ci è perfettamente riuscito.Laviano Vittorio

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