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La suprema corte ha confermato la sentenza di secondo grado che riconosceva Davide Morrone colpevole di aver accoltellato e bruciato ancora viva la giovane Fabiana Luzzi a Corigliano

di FRANCESCO RIDOLFI

ROMA – La Corte di Cassazione ha confermato, accogliendo la richiesta avanzata dal Procuratore generale Pietro Gaeta (LEGGI LA NOTIZIA), la condanna a 18 anni di reclusione inflitta dalla sezione minori della Corte d’appello di Catanzaro nel 2014 (LEGGI LA NOTIZIA DELLA SENTENZA DI SECONDO GRADO) a Davide Morrone, oggi ventenne ed all’epoca dei fatti minorenne.

Morrone, reo confesso, è stato ritenuto colpevole dell’omicidio dell’ex fidanzata Fabiana Luzzi, di 16 anni, uccisa con 24 coltellate nel 2013 a Corigliano Calabro (Cosenza) e data alle fiamme quando era ancora viva (LEGGI GLI APPROFONDIMENTI SUL CASO). In primo grado Morrone fu condannato a 22 anni escludendo l’aggravante della premeditazione, pena poi ridotta in quanto in Appello gli è stata riconosciuta la semi-infermità mentale accogliendo la richiesta del suo difensore, avvocato Giovanni Zagarese (LEGGI LA NOTIZIA DELLA SENTENZA DI PRIMO GRADO).

La sentenza che rende definitiva la condanna è stata emessa dopo quasi cinque ore di camera di consiglio. La Cassazione ha anche confermato, rigettando le richieste contrarie del Procuratore generale, Pietro Gaeta, l’esclusione nei confronti di Morrone dell’aggravante della premeditazione e la seminfermità mentale.

I FATTI – Secondo quanto ricostruito durante i processi, Davide Morrone, per uccidere la ex fidanzata, attirò la giovane in una trappola dopo essere andato a prenderla all’uscita di scuola. Morrone propose alla ragazza di raggiungere un luogo isolato per parlare di questioni riguardanti il loro rapporto. Una volta raggiunto il luogo dell’incontro, tra i due ragazzi iniziò una vivace discussione al culmine della quale Morrone colpì ripetutamente con un coltello la ex fidanzata, lasciandola agonizzante. Il giovane poi si allontanò, si procurò una tanica col liquido infiammabile e tornò dopo circa un’ora sul posto. Versò il liquido sul corpo di Fabiana, che in quel momento era ancora viva, e le diede fuoco. La ragazza così morì tra atroci sofferenze.

L’APPELLO DEL PADRE DELLA VITTIMA – Nei giorni scorso il padre di Fabiana, Mario Luzzi, in vista del processo in Cassazione nei confronti dell’assassino della figlia, si era detto contrario ad un’ulteriore riduzione di pena nei confronti del giovane (LEGGI LA NOTIZIA): «Altro che riduzione – aveva detto Luzzi – dovrebbero condannarlo piuttosto all’ergastolo».

IL COMMENTO DELLA MADRE DELLA VITTIMA – «È impossibile pensare che lui non avesse premeditato l’omicidio perché quella mattina uscì da casa con il coltello già in tasca». Ha sostenuto all’ANSA Rosa Luzzi, madre di Fabiana. «Avrebbero potuto confermare – ha aggiunto – i 22 anni del primo grado. Come si fa poi a parlare di seminfermità mentale, che gli è stata nuovamente riconosciuta dalla Cassazione, quando io quel giorno gli ho parlato al telefono, dopo che aveva accoltellato Fabiana ma non l’aveva ancora bruciata, ed ha risposto a tutte le mie domande in modo freddo e lucido. Per me é impensabile che per la vita di mia figlia abbia deciso lui ed i giudici invece abbiano deciso per lui».

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