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COSENZA – La Procura di Cosenza ha chiuso le indagini a carico dei vertici dell’azienda ospedaliera contestandogli, relativamente all’affidamento di alcuni incarichi professionali, l’abuso d’ufficio. L’avviso è stato notificato a sei persone. Il primo della lista è il direttore generale dell’Azienda ospedaliera di Cosenza Paolo Maria Gangemi, 54 anni di Reggio Calabria. Seguono Amedeo De Marco, 54 anni con residenza a Cosenza, direttore del Dipartimento amministrativo, Paolo Siciliano, 59 anni di Rose (Cs), dirigente dell’Ufficio legale, Francesco Mario De Rosa, 59 anni di Malito (Cs), direttore sanitario, Mariarosaria Minnelli, 34 anni di Castrolibero (Cs), responsabile del procedimento, e Marco Aloise, 45 anni di Castrovillari (Cs), direttore amministrativo. Il pm titolare dell’inchiesta è Antonio Cestone, con le indagini che sono state condotte dalla Guardia di Finanza di Cosenza.
Tre gli episodi contestati. I primi due hanno a che fare col conferimento di un incarico legale a due avvocati del foro di Reggio Calabria  per rappresentare l’azienda – dinanzi al Tar e al Consiglio di Stato – in un contenzioso con alcuni progettisti cui, dopo aver vinto la relativa gara, era stato revocato l’affidamento di alcuni lavori. 
Nello specifico Gangemi, De Marco, De Rosa, Siciliano e Minnelli sono chiamati in causa per avere (con fatti risalenti al giugno del 2012) liquidato a uno dei due avvocati la somma complessiva di 107.789,52 euro sul presupposto che il valore della controversia fosse  di 23 milioni di euro. Secondo l’accusa l’effetivo valore della controversia era invece di 1.309.110,18 euro. Da qui l’ingiusto vantaggio patrimoniale per l’avvocato e il danno ingiusto per l’azienda ospedaliera di Cosenza, “entrambi di rilevante gravità”, ammontante a 89.839,95 euro. 
Gangemi, Aloise, De Rosa, Siciliano e Minnelli vengono chiamati in causa per aver liquidato all’altro avvocato (siamo nel giugno del 2013) 110.072,67 euro sempre in base allo stesso presupposto. L’ingiusto vantaggio patrimoniale e il danno ingiusto ammonterebbe qui a 93.680, 33 euro. In entrambi i casi non sarebbe stata rispettata la convenzione sottoscritta da Gangemi e i due avvocati con cui ci si impegnava a richiedere il compenso professionale ai minini tariffari.
L’ultimo capo di imputazione vede coinvolti Gangemi, De Marco e De Rosa. Ci si sarebbe attivati (nell’agosto del 2012) nell’affidare – nonostante l’evidente conflitto di interessi – all’Ufficio tecnico aziendale coordinato dallo stesso De Marco la progettazione preliminare per i lavori di messa in sicurezza del presidio ospedaliero dell’Annunziata di Cosenza, del presidio ospedaliero Santa Barbara di Rogliano (Cs) e di altri edifici minori di proprietà dell’azienda ospedaliera. La sottoscrizione della relativa delibera avrebbe procurato a De Marco l’ingiusto vantaggio patrimoniale di 176mila euro.
Gli indagati hanno ora i classici giorni per chiedere di essere interrogati e produrre memorie difensive. Li difendono gli avvocati Antonio Vanadia, Francesco Chiaia, Claudio Nigro, Alessandra Fiorito, Ornella Nucci e Rosaria Elia, tutti del foro bruzio.

COSENZA – La Procura di Cosenza ha chiuso le indagini a carico dei vertici dell’azienda ospedaliera contestandogli, relativamente all’affidamento di alcuni incarichi professionali, l’abuso d’ufficio. L’avviso è stato notificato a sei persone. Il primo della lista è il direttore generale dell’Azienda ospedaliera di Cosenza Paolo Maria Gangemi, 54 anni di Reggio Calabria. 

Tre gli episodi contestati. I primi due hanno a che fare col conferimento di un incarico legale a due avvocati del foro di Reggio Calabria  per rappresentare l’azienda dinanzi al Tar e al Consiglio di Stato: uno dei due legali, in particolare avrebbe ottenuto oltre centomila euro sul presupposto che il valore della controversia fosse  di 23 milioni di euro. Secondo l’accusa l’effetivo valore della controversia era invece di poco più di un milione. L’altra contestazione riguarda la progettazione di alcuni lavori. Complessivamente, i tre casi avrebbero comportato per l’azienda ospedaliera un esborso ingiustificato di oltre 350 mila euro.

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