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POTENZA – Attenzione, il contratto di convivenza non può essere paragonato ad una unione civile. Sono due cose completamente diverse. In Italia infatti l’unione civile, almeno per le coppie omosessuali, è ancora un tabù.

Ed in effetti anche questo contratto non smuove di un millimetro le differenze tra l’unione matrimoniale e la coppia di fatto.

È vero che il codice civile riconosce ai figli nati fuori dal matrimoni e figli legittimi (nati durante il matrimonio) gli stessi diritti sia sul fronte ereditario che di vincolo di parentela, ma resta ancora quell’aspetto, chiaramente contenuto nell’articolo 29 della Costituzione, di divisione e differenze di tutela tra conviventi e coniugi.

Nel contratto, infatti, non si parla di pensione di reversibilità, ovvero la quota di una parte della pensione complessiva che spetta ad uno dei coniugi dopo il decesso di uno dei due, in caso di rottura non hanno diritto al mantenimento (ma il contratto di convivenza muove un po’ le acque) e soprattutto non hanno diritto ad agevolazioni sanitarie nonostante la cassazione in due sentenze nel 2005 e nel 2011 ha riconosciuto che “Nel caso in cui un convivente rimanga vittima di lesioni o deceda a causa di un fatto illecito di un terzo, la Cassazione ammette pacificamente che l’altro convivente possa avanzare sempre la domanda di risarcimento del danno da fatto illecito subito dal partner, esattamente come accade per la famiglia legittima.

A tal fine, l’interessato deve però provare la sussistenza della stabile convivenza.  Resta quindi una classificazione netta tra coniugi e coppia, classificazione che ancora oggi è oggetto di fortissime discussioni, molto spesso legate alla possibilità, per una coppia omosessuale, di costruire un proprio spazio di convivenza.

v.panettieri@luedi.it

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