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DELLA “condizione di arretratezza” della Basilicata -che Nino D’Agostino, acuto ed instancabile osservatore, individua nel “familismo amorale” trasferitosi in politica – egli dà colpa al Pd  ormai “vuoto pneumatico in fatto di idee.. (con) pura logica numerica… finalizzato all’occupazione del potere”.

Di qui,  “oltre il 50 per cento degli astenuti… e l’incapacità di una qualsiasi reazione”.  

Una fotografia incontestabile, salvo che per il peso della colpa; la quale, in senso tecnico, spetta ovviamente al Pd per quel che accade al suo interno e/o suo tramite e/o a suo nome e cognome.

Ma che, in senso “storico” (cioè, a ben vedere!), coinvolge tutti gli attori della “vita pubblica” lucana: da istituzioni e infrastrutture ai soggetti “politici”. Non escluso, ovviamente,il Partito del quale lui ed io siamo stati (talvolta ancora) tesserati nella speranza che volesse proporsi con contenuti e metodi coerenti con i principi originari (tanto più necessari per fondare un’alternativa di decente partecipazione e di bonifica civile)!.

Occorre infatti riconoscere che, già a pochi mesi dalle regionali, non sembra esserci discussione sui punti programmatici identificativi e qualificanti firmati anche da noi. E che, su di essi, non risulta intrapreso alcun contatto con l’opinione pubblica per tentativi di recupero dell’interesse alla partecipazione e per il proprio rilancio. Persino in vista delle elezioni nel Capoluogo,  sembra scomparso e senza “linea” (sebbene -pare – definita all’unanimità nell’organo collegiale), autorizzando il sospetto che s’insista nella ricerca della convenienza e dell’opportunità.., l’opposto della dignità e dell’identità indispensabili a porre candidature!  

Dunque, circa la colpa, questo mi sembra soltanto uno degli esempi possibili, poiché altrettanto accade nelle altre “famiglie politiche” nostrane. E’ perciò il caso di ampliare la ricerca e di  considerare che – ormai da non pochi anni – la formazione degli amministratori e dei rappresentanti non avviene più in ambienti culturalmente significativi: in strutture organizzate a promuovere la scelta consapevole di valori (magari quelli proposti dalla Costituzione) ed a formare caratteri determinati a perseguirli coerentemente. Un tempo, questa formazione avveniva anzitutto nella scuola,salva la successiva scelta dell’orientamento politico.

Che poi avveniva nelle organizzazioni giovanili, da noi spesso cattoliche, e negli stessi partiti. Caduti il muro di Berlino e la competizione tra i due sistemi, scomparso il confronto ideologico  (che peraltro induceva sia  a studiare sia a valorizzare  le potenzialità culturalmente fondate) ,si è verificata la loro mutazione in organizzazioni per il consenso.

E questo è diventato il “bene sommo”, sinonimo di potere, da acquisire persino con alleanze a rischio d’illegalità… per scopi personali o di gruppo. 

La personalizzazione della politica si è poi aggiunta sia con il dissolversi della collegialità nello studio dei problemi e nella ricerca delle soluzioni (dimensione che consentiva individuare programmi e personalità capaci di tendere a realizzarli), sia con l’esplosione mediatica alternativa al servizio pubblico quale delineato, al suo inizio, dal filosofo cattolico A. Ardigò.

N’è divenuto “cultura” il dilagante qualunquismo con l’attacco non ai costi abusivi e deviati della politica (che, ridotta a mestiere, è affare e  perciò gravida di sprechi e ruberie!), ma all’indennità parlamentare che Togliatti volle per consentire la rappresentanza ai non abbienti. In queste dinamiche, una responsabilità fondamentale è da riconoscere alle strutture formative ed alle organizzazioni che le hanno ridotte a dar “posti” (a Sud, persino per avvocati ingegneri e farmacisti …) con “canali” extra concorso e graduatorie ad esaurimento. Sicchè, si è a tal punto smarrito il senso della loro “missione” (come un tempo si chiamava!), da non battere nemmeno ciglio per la soppressione dell’educazione civica!! 

Come si vede, la colpa di quanto sconforta D’Agostino (e ovviamente non solo lui!) non è dunque di singoli partiti e deprecabili costumi. Questi sono soltanto l’immagine – effetto (non obbligato, ma possibile) del degrado! La cui causa… le cause sono da ricercare nelle dinamiche che hanno innestato la piena decadenza civile del nostro Paese . Infettato anche il Nord dalla malavita meridionale, esso sembra essersi salvato dal totale naufragio agganciandosi  all’Europa; ma è attraversato e posseduto da un suo cupio dissolvi che sembra ,di per sé, senza limiti e senza freni. Si farà in tempo a riformare i partiti (con l’art. 49 della Carta?) e a rifondare la Scuola, peraltro – nel Mezzogiorno – unica seria possibilità di mobilità sociale e di sviluppo civile?

Almeno per tentare,ci vorrebbe un vero Psi!

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