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POTENZA – «Se verrà soppressa la Corte d’appello di Potenza sono pronto a dimettermi il giorno dopo. Chi vuole i risparmi sulla giustizia si occupi dei risarcimenti per le ingiuste detenzioni».
E’ quanto afferma Giuseppe Labriola, componente lucano del Consiglio nazionale forense, intervenendo sui timori di soppressione del distretto giudiziario della Basilicata, nel quadro della riforma allo studio di una commissione apposita del Csm dagli inizi del mese.
«Venerdì – prosegue l’avvocato – sarò a Roma al Consiglio nazionale per far presente questa situazione e cercare di inserirla subito all’ordine del giorno per l’allarme che sta creando in regione. Pregherò anche il presidente Mascherin di parlarne col ministro della Giustizia Orlando, perché uno scippo del genere sarebbe l’ennesimo punto negativo per la Basilicata, che non merita tutto questo. Doniamo tante cose alla nazione: braccia e intelligenze, oltre ad acqua e petrolio. E non è possibile continuare a infierire come col Tribunale di Melfi».
Labriola spiega che «non deve essere solo interesse dell’avvocatura, e della magistratura presidiare un’istituzione come la Corte d’appello di Potenza. Non può sfuggire che cosa significherebbe la sua cancellazione per il personale dipendente e quanti altri ruotano attorno agli uffici giudiziari del capoluogo. Anche i politici, giunta e Consiglio regionale in testa, si devono impegnare».
A chi parla di tagli necessari l’avvocato ribatte con i numeri. «Stamattina (ieri per chi legge) in un servizio del Tg1 sono stati forniti i dati impressionanti dei casi di ingiusta detenzione: 23mila in un anno, per per non so quanti milioni di risarcimenti pagati. Se ci sono “buchi” da colmare non è detto che l’eliminazione dei presidi sia l’unica soluzione. Quanti risparmi ci sarebbero se ci fossero magistrati che fanno bene il loro dovere, invece di sprecare soldi per l’ingiusta detenzione».
Ieri intanto sono arrivate le prime reazioni dal Consiglio regionale, con la mozione dell’avvocato Paolo Galante (RI), e la presa di posizione del pentastellato Gianni Leggieri, pronto a battersi con gli altri per difendere il distretto giudiziario lucano.
«Non possiamo essere considerati solamente la pattumiera d’Italia – dichiara Leggieri – da cui prendere le risorse necessarie e dove scaricare i rifiuti di tutta la nazione e, poi, subire, ogni tipo di vessazione da parte di un governo centrale assolutamente ostile al popolo lucano».
Il consigliere venosino ricorda le «pesanti penalizzazioni già avute per la chiusura dal Tribunale di Melfi, una ferita ancora aperta che ha lasciato un intero territorio scoperto e privo di un presidio di legalità di grande importanza».
Poi definisce l’ipotesi di soppressione della Corte d’appello una «nuova doccia fredda per la Regione Basilicata», oltre che «un dato allarmante anche nell’ottica della sopravvivenza dell’ente regione in quanto tale».
Anche Galante parte dall’esperienza del Tribunale di Melfi per denunciare un atteggiamento di governo e Parlamento che «ha, evidentemente, trascurato o sottovalutato» gli effetti sulle popolazioni interessate del precedente riordino della geografia giudiziaria, limitato agli uffici di primo grado, datato 2012. Con un «impoverimento economico e culturale nonché notevoli disagi logistici, senza alcun risparmio per le casse dello Stato».
Per il consigliere di Realtà Italia: «Poco allora si fece per approntare una battaglia contro una riforma che ha visto numerosi Comuni lucani spogliati di uffici giudiziari rappresentanti una fonte di reddito, un motivo di orgoglio e uno strumento agevole di accesso alla giustizia per quei cittadini che, nell’impossibilità di accollarsi costi aggiuntivi rispetto alle spese legali e giudiziarie, hanno, poi, desistito dal richiedere tutela legale».
Quanto a un futuro con Potenza senza Corte d’appello parla di «effetti catastrofici per la Regione Basilicata (…) una piaga per l’economia e l’identità lucana, un colpo che il popolo lucano non può lasciarsi infliggere, un fatto che le istituzioni non devono permettere che accada».
«La Corte d’Appello di Potenza scomparirebbe -spiega – trascinando con sé anche gli uffici della Direzione distrettuale antimafia, il Tribunale per i minorenni, il Tar e il Tribunale per il riesame. Questa cancellazione determinerebbe il trasferimento a Salerno o, al peggio, a Catanzaro non soltanto degli uffici materiali, ma di tutta l’utenza di una Regione che resterebbe sconosciuta all’organizzazione giudiziaria nazionale. Quanto di razionale ed efficiente possa esserci in questa riforma è di difficile comprensione. Più evidenti, invece, sono le conseguenze disastrose che l’assenza di organi giudiziari avrà sulla nostra regione: il dispendio economico che i cittadini lucani saranno costretti ad affrontare, l’azione deterrente sulla scelta della popolazione lucana di adire le vie giudiziarie per tutelare le proprie posizioni giuridiche pregiudicate, l’irrilevanza e l’oblio in cui la nostra terra scomparirà sullo scenario, non solo giudiziario, ma anche politico nazionale».
Di qui l’invito alla giunta regionale perché «ad informarsi, prioritariamente e puntualmente, sulla posizione del governo centrale in ordine alla questione sollevata e ad adottare i provvedimenti che riterrà più adeguati a scongiurare la capitolazione del distretto della Corte d’appello di Potenza». Per poi «riferire, in tempi congrui, al Consiglio regionale della Basilicata sulle risultanze delle indagini che avrà compiuto nonché sulle modalità con le quali intenderà procedere per evitare il fenomeno la cui realizzazione dobbiamo evitare».

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