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Innanzitutto la simbologia: il presidente della regione Marcello Pittella insieme al sindaco di Melfi, Valvano. Cosa significa? Una risposta, evidentemente, al movimento del 4 dicembre che rivendica l’autonomia e la partecipazione decisionale dei territori in materia ambientale. Sembra dire il governatore: guardate, rispetto talmente tanto i territori che ecco il sindaco accanto a me, insieme abbiano deciso di chiudere Fenice. Pittella poi spiega che è consapevole della crisi di fiducia istituzionale. E qui il ragionamento lascia un dubbio. Attorno a quali punti ruota la discussione ambientale all’ordine del giorno? Ce ne sono tanti. Ma c’erano anche prima? Cioè cosa è cambiato dopo i giorni della protesta? Direttive di controllo più serrate? Monitoraggio più stringente? Se fosse così, se cioè la decisione di ieri fosse il frutto di un mutamento di azione politica all’indomani della protesta la cosa disorienterebbe non poco. Una mobilitazione popolare può portare consapevolezza di un sentire diffuso col quale è giusto confrontarsi, ma non può modificare così repentinamente una linea presumibilmente ritenutta legittima fino a una settimana fa. O era legittima prima e lo è anche adesso, o non lo era neppure prima. Insomma prima Tecnoparco, adesso Fenice: la sensazione è che si stia assecondando un’onda. E’ certo molto difficile reggere scelte impopolari e difficili da spiegare. Ma così torniamo indietro, ai tempi della moratoria di De Filippo.

l.serino@luedi.it

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