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Oltre due milioni di euro, in forniture di protesi ortopediche risultate fantasma. E’ uno dei tanti scandali che hanno coinvolto l’azienda sanitaria territoriale di Cosenza. I responsabili sono stati condannati dalla Corte dei Conti a risarcire il danno subito da tutti i cittadini calabresi. La vicenda è incentrata su una vera e propria truffa che ha visto coinvolti l’ex amministratore unico del Centro Ortopedico meridionale srl, Carmelo Colonna, in concorso con dirigenti e impiegati dell’Asl: Amedeo Frugiuele (nel frattempo deceduto), Lorenzo Di Vico; Nicola Mastrota; Aldo Petramala; Vincenzo Calabrese; Antonietta Ciglio e Rosalba Palermo. In sostanza secondo l’indagine avviata dalla Procura della Repubblica di Cosenza l’Asl, nel corso degli anni, avrebbe emesso a favore del Centro Ortopedico Meridionale 49 mandati di pagamento a fronte di 72 fatture per operazioni inesistenti, relative cioè a forniture di protesi ortopediche nella realtà mai effettuate. Su questa vicenda è attualmente in corso anche un processo penale nel corso del quale il Gip del tribunale di Cosenza ha applicato al Colonna la pena di un anno e 11 mesi di reclusione per il reato di truffa e disposto la confisca di beni sino ad arrivare appunto all’importo della truffa, cioè oltre due milioni di euro. Per i dipendenti dell’Asl, invece, è stato chiesto il rinvio a giudizio. Mentre va avanti il processo penale, i presunti responsabili della truffa sono comparsi anche davanti ai magistrati contabili. La richiesta mossa da gran parte degli avvocati è che si doveva sospendere la decisione della Corte dei Conti in attesa della definizione del processo penale tuttora in corso. Una richiesta che è stata però respinta dai magistrati ed un’altra eccezione sollevata dalla difesa è che non vi fosse, ai danni dell’Asl cosentina, alcune danno subito. Infatti l’azienda sanitaria si è costituita parte civile nel processo penale in corso davanti al Tribunale di Cosenza e il gip bruzio ha disposto proprio il sequestro dei beni per una cifra equivalente alla truffa. Dunque se c’è stato un danno, ci sono già i fondi per risarcirlo, hanno argomentato i legali. Anche questa osservazione è stata però rigettata perchè i magistrati contabili dicono che la notevole entità del danno arrecato alle finanze dell’amministrazione sanitaria li fa dubitare della capacità dei beni sequestrati di garantire l’integrale reintegrazione del patrimonio. Ma la cosa che suscita più stupore ai giudici della Corte dei Conti è il modo di lavorare del settore dei servizi finanziari dell’Asl. La regola prevedeva che alla presentazione della fattura da parte del fornitore presso il protocollo dell’azienda, faceva seguito la sua registrazione presso l’ufficio fatture nella contabilità informatica e l’invio di una copia all’unità operativa protesi che, dopo i dovuti riscontri, apponeva firma e timbro per autorizzare il pagamento; poi tornava all’ufficio finanziario che la predisponeva il mandato. Tutta questa complessa procedura raramente veniva effettuata nei casi in esame. A partire dall 2000 l’Asl emetteva mandati di pagamento per forniture di protesi ortopediche, dietro la semplice presentazione di fatture uniche mensili. La Corte dei Conti ha così deciso di condannare in solido Teresa Caputo e gli eredi Frugiuele al pagamento in solido di 134.300 euro oltre alla rivalutazione monetaria. Lorenzo di Vico al pagamento di 2.012.293 euro, di cui 143mila in solido con gli eredi Frugiuele.

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