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In alto a sinistra le olive colorate con il solfato di rame, a destra le olive naturali (fonte: Corpo forestale dello Stato); in basso il marchio unico dell'olio lucano

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POTENZA – D’ora in poi dovremo fare attenzione anche al colore delle olive che passeranno sulle nostre tavole. Se l’aspetto è di un verde troppo brillante o splendente è probabile che la colpa (o il merito, dipende dai punti di vista) stia in un ingannevole quanto pericoloso ritocchino a base di vernici ed additivi talvolta illeciti. L’allarme viene lanciato dall’ARPA (l’agenzia regionale per la protezione ambientale) della regione Campania sul suo consueto periodico d’informazione. In regione sono già centinaia i sequestri effettuati dal Corpo forestale dello Stato. L’uso di prodotti inappropriati e pericolosi è stata confermata dalle analisi svolte dalla stessa Arpac sulle olive presso i suoi laboratori di Benevento. Tra febbraio e marzo analoghi sequestri avevano interessato la Puglia e l’Abruzzo.

A spiegarlo è l’esperto Giuseppe Pomarico.

Una notizia che allarma e non poco sia i consumatori che i produttori lucani. In questi mesi infatti la Basilicata come regione tanto sta investendo per dare una unicità alle olive prodotte sul suo territorio: si pensi soprattutto alla scelta di un logo unico da assegnare a tutte le olive lucane e la conseguente richiesta inoltrata al Ministero delle Politiche agricole per l’ottenimento del marchio IGP. I numeri nel 2015 confermano l’importanza dell’intero comparto: stati raccolti circa 380mila quintali con circa 28mila proprietari e un imbottigliamento pari al 22 per cento della produzione regionale; oltre ottanta etichette presenti che comprendono la Maiatica e l’Ogliarola del Bradano (come varietà autoctone del materano) e l’Ogliarola del Vulture nel potentino insieme a ulteriori varietà minori. Una risorsa quindi da valorizzare e soprattutto tutelare.

Bisogna specificare però che la colorazione delle olive è tutt’altro che una novità. Le olive vengono infatti da tempo colorate artificialmente attraverso l’uso di sali ferrosi, ad esempio il gluconato ferroso, conosciuto anche come E579, oppure il lattato ferroso (E585). Si tratta di additivi ricavati dagli acidi lattici, che non rientrano fra i coloranti, ma sono dei cosiddetti “stabilizzatori” spesso largamente utilizzati anche per fortificare il contenuto di ferro degli alimenti. Siccome non vi sono controindicazioni per la salute, il loro uso è lecitamente consentito dal Regolamento dell’Unione europea n. 1129/2011 per aumentare la “shelf life” (vita di scaffale) anche delle olive. A volte però vengono aggiunti in maniera inopportuna e fraudolenta additivi per colorare olive verdi in modo da farle diventare nere. Quest’uso costituisce un palese illecito poiché sulle confezioni manca l’informazione che si tratta di olive verdi sottoposte a colorazione artificiale e non di olive nere mature. Le olive mature nere sono generalmente troppo morbide per uno snocciolamento industriale e la raccolta e il trasporto è nettamente più dispendioso e caratterizzato da perdite rispetto a quello dei frutti verdi non maturi. È difficile riconoscere a prima vista le olive colorate, poiché sulla confezione può essere indicato semplicemente “olive nere”, ma il sapore è differente, la loro polpa è molto più consistente ed il loro nocciolo, se presente, trattiene la colorazione verde.

D’altra parte le olive verdi non sono purtroppo esenti da rischi; il metodo di lavorazione principale per le olive dolci da tavola prevede infatti l’utilizzo di soda caustica per la “de-amarizzazione” del frutto, ma fa sfumare il verde verso il giallo e quindi emergere le macchie e i difetti delle stesse olive. Pensando di trovare un maggior favore da parte dei consumatori, al fine di mascherare questi difetti di qualità o di smaltire le scorte presenti in magazzino riciclando olive prodotte nelle annate precedenti, alcuni produttori hanno fatto ampio ricorso a due coloranti di origine vegetale, l’E140 e l’E141, a base di clorofilla o di suoi derivati rameici. Tali coloranti sono in grado di rendere le olive di un bel colore verde brillante, sono atossici, ma il loro uso non è consentito sulle olive. In altri casi le olive vengono immerse in soluzioni concentrate a base di solfato di rame, ossia vengono “verniciate”, come si dice nel gergo di chi pratica questo tipo di frode, per conferire una colorazione verde intensa, rivitalizzando così anche olive vecchie caratterizzate da una colorazione estremamente sbiadita. L’efficacia della frode è garantita dal fatto che, di norma, il solfato di rame non viene impiegato quale colorante, anche a fronte della sua tossicità, e che pertanto non viene ricercato nelle normali analisi di laboratorio eseguite dagli organi di controllo. Il solfato di rame, in alcuni campioni analizzati da Arpac, è stato ritrovato in concentrazioni addirittura doppie rispetto al già elevato limite che la normativa fissa quale risultanza sull’oliva del trattamento fatto sulla pianta per scopi fitosanitari come ad esempio per contrastare attacchi fungini, tra cui la Peronospera (30mg/Kg). Tra le frodi che coinvolgono le olive quest’ultima è sicuramente la più pericolosa per tossicità; il solfato di rame è infatti bio-accumulabile dall’organismo ed essendo difficilmente smaltibile persiste negli organi.

Il suggerimento da dare al consumatore attento è quindi quello di osservare con attenzione il prodotto che è in procinto di acquistare, di non scegliere olive dolci da tavola di colore verde intenso e uniforme, perché altrimenti potrebbe essere artificiale se non addirittura tossico. Si consiglia inoltre di prediligere, soprattutto nel caso di olive nere, le produzioni biologiche che non prevedono l’aggiunta di stabilizzanti ed infine di assaporare i frutti valutandone il sapore, la consistenza e osservando la colorazione della polpa intorno ai noccioli.

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