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Il comandante di una unità di anti-inquinamento del ministero dell’Ambiente, Franco Zungri (a sinistra), è originario di Briatico (Vv), ed è stato tra i primi ad arrivare sul luogo del disastro dove, le operazioni per scongiurare un disastro ecologico di proporzioni gigantesche proseguono ininterrottamente da giorni: «Siamo giunti sulle coste dell’isola – ha dichiarato il comandante – a poche ore dal disastro. Io e il mio equipaggio ci siamo trovati davanti un vero e proprio inferno. In 34 anni di navigazione non avevo visto mai una cosa del genere».
E’ con queste parole che Franco Zungri descrive l’odissea a cui ha assistito.
La tragedia, consumatasi pochi giorni fa presso l’Isola del Giglio ha cambiato e stravolto la vita di migliaia di persone. Il riferimento non è solo a chi, purtroppo, un caro l’ha perso, e neanche al comandante della nave Concordia che, anche se è ancora da accertare, sarebbe il principale responsabile del disastro. Lo sguardo va anche a chi, questa tragedia, pur uscendone indenne fisicamente, se la porterà nella memoria.
«Le condizioni climatiche in questo momento – ha continuato Zungri – sembrano essere peggiorate. Sull’Isola del Giglio le onde scuotono lo scafo facendo rilevare alle strumentazioni sensibili variazioni dell’orientamento della Concordia. Il rischio è che la nave possa scivolare verso il fondale di oltre 70 metri che dista dalla stessa una trentina di metri compromettendo tutte le azioni poste in essere fino ad ora per il recupero dei passeggeri e dell’equipaggio dati ancora per dispersi».
Secondo Zungri il «dramma poteva essere evitato tranquillamente se solo ci fosse attuata una severa vigilanza per garantire il rispetto delle norme volte ad impedire l’avvicinamento di navi così grandi alla costa. Adesso, oltre all’inestimabile perdita di vite umane, si aggiunge il concreto rischio di un disastro ambientale». Il comandante Franco Zungri, in conclusione, ha voluto puntare il dito verso il comandante della Concordia che «è stato un irresponsabile. Se fossi in lui mi metterei una maschera a vita».

IL PIANISTA CALABRESE DELLA NAVE:
«L’INCHINO E’ UN REGALO TIPICO»
Alex Polimeni, pianista da tanti anni sulla “Costa” parla di quell’inchino, nel settembre del 2010, quando la Costa Pacifica attraversava lo Stretto, per onorare tre suoi uomini dell’equipaggio, tre calabresi che da tempo lavorano sulla Costa crociere. Polimeni (a destra) era lì, sul pontile principale, e con gli occhi bagnati dalla commozione, guardava la sua terra. Davanti a lui Villa San Giovanni e, subito dopo, Bagnara Calabra. «E’ un regalo che ci fanno i comandanti ogni volta che passiamo da qui e questo ci commuove perché è un tangibile segno di affetto. Su quel lembo di terra c’è la mia famiglia e aspettano il passaggio della nave per ascoltare il suono del saluto di questa grande balena della tecnologia». Dopo due anni, nel gennaio 2012, la storia si ripete ma quell’inchino fatto troppo vicino alla costa, fa naufragare quel gigante del mare. Anche su questa nave c’è Alex Polimeni, calabrese di Villa San Giovanni, un pianista molto apprezzato, riconfermato anno dopo anno dalla compagnia Costa per le sue grandi doti tecniche e per i suoi repertori densi di swing e di melodie suadenti. Il 13 gennaio, alle 21.30, stava suonando il pianoforte nella hall principale della nave e intonava “When I fall in love” di Nat King Cole: «Non ho capito quello che stava succedendo, pensavo a un improvviso maltempo, e ho continuato a suonare – afferma Alex – sino a quando poco dopo non ho visto la gente che urlava e correva, i spintonava in una ressa incredibile senza controllo, quasi a soffocarsi. Solo dopo i sette fischi di allarme, ho capito che la situazione era grave e insieme ad altri musicisti abbiamo cercato di metterci in salvo».
Poi telefona a suo figlio Giovanni, quasi come se fosse un estremo saluto, mentre un suo collega musicista si gettava nelle acque gelide del Tirreno. Nell’alveo di ricordi drammatici intrisi a terrore e ansia, Alex evidenzia la professionalità dei membri dell’equipaggio e del comandante Schettino. E poi ricorda: «E’ una consuetudine per tutte le navi Costa effettuare il cerimoniale di “inchino” solcando le acque vicine ai territori di origine di alcuni membri dell’equipaggio. Lo fanno sempre anche con me, quando in una delle rotte del Mediterraneo si attraversa lo Stretto di Messina e si avvicina alla costa calabra. Insieme a me ci sono altri due calabresi con cui ho lavorato sulle navi Costa: due grandi cuochi, gli chef Massimo Molinaro e Salvatore Luppino, entrambi di Bagnara Calabra. Anche i calabresi aspettano questo momento – ricorda Alex – e in molti, con i motoscafi, si avvicinano per accompagnare il cammino lento e maestoso delle grandi navi da crociera, mentre tanti sulla terra ferma agitano le bandierine della Costa, come segno di gratitudine. Siamo come una grande famiglia e ora ho un grande dolore per la scomparsa di alcuni miei colleghi musicisti di cui non si sa più niente. Ho perso tutto su quella nave, spartiti, pc, tastiere, insomma tutta la mia musica che però porto nel cuore; ma sarei pronto a ripartire domani».

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