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C’è una valanga di avvisi di garanzia per il disastro di vico Piave.
A due settimane esatte dal drammatico crollo della palazzina al civico 22, costato la vita alla 31enne Antonella Dina Favale, i carabinieri della Compagnia di Matera li hanno notificati a tutti nella giornata di ieri. 
Tra gli indagati nel fascicolo per omicidio, lesioni e disastro colposo, c’è anche l’ingegner Nicola Oreste, ancora ricoverato in Rianimazione dopo essere rimasto per tredici ore imprigionato sotto le macerie.
Il professionista risulta indagato come committente degli ultimi lavori di sopraelevazione, effettuati sulla palazzina crollata. Con lui risulta indagata anche la moglie Ornella Cianfrone, comproprietaria dell’immobile. 
Ma l’indagine della Procura, coordinata dal pm Annunziata Cazzetta, è volta ad accertare davvero tutte le responsabilità oggettive del tragico evento.
Per questa ragione ci sono ben 12 indagati, tra uffici incaricati di controllare la staticità dell’edificio e responsabili dei lavori al piano terra. 
Le parti lese sono state individuate nei 42 condomini di quelle palazzine, oltre al Comune di Matera. Tra i tecnici figurano i nomi dell’ingegner Maddalena Lisanti, funzionario dei vigili del fuoco che effettuò il primo sopralluogo su vico Piave, il 15 dicembre 2013. Da quella prima ispezione erano, infatti, emersi elementi di criticità tali da chiedere, probabilmente con somma urgenza, lo sgombero della palazzina poi crollata l’11 gennaio scorso. 
Indagato anche l’ingegner Domenico Masciandaro, sempre in servizio negli uffici dei Vigili del fuoco, per il sopralluogo del 7 gennaio 2014, quando ancora si rilevarono criticità ma non si sgomberò. Poi ci sono da accertare le posizioni dei tecnici del Comune, che procedono di pari passo con quelle dei Vigili del fuoco, visto che le loro relazioni seguono quelle dei sopralluoghi. In particolare, risultano iscritti nel registro degli indagati il tecnico comunale Emanuele Lamacchia Acito, l’ingegnere che firmò l’allarmante relazione del 23 dicembre, con la quale si dipingeva una situazione critica, sulla scorta di quanto dichiarato una settimana prima dai Vigili del fuoco, ma ancora non si disponeva lo sgombero, limitandosi ad indicare la necessità che i condomini nominassero un tecnico di fiducia per effettuare ulteriori verifiche. 
Cosa che fu fatta, ma l’appuntamento era per il lunedì successivo al crollo. Troppo tardi. 
Indagata anche Delia Maria Tomaselli, dirigente del settore Lavori pubblici del Comune, che ha controfirmato la relazione di Lamacchia Acito, in qualità di responsabile dell’ufficio. Poi ci sono le posizioni della ditta e del committente dei lavori per il ristorante. 
Risultano indagati la progettista, architetto Rossella Bisceglie, insieme con Emanuele Taccardi, titolare e responsabile della sicurezza della ditta “Rieco”, che stava effettuando i lavori. Poi il direttore del cantiere Paolo Francesco Andrisani, e il committente e proprietario Nicola Andrisani, al centro delle polemiche e delle accuse fin dal primo giorno. 
Infine, l’ingegner Francesco Luceri, incaricato da Andrisani di effettuare i calcoli statici sul progetto in fase di esecuzione al piano terra e Vincenzo Andrisani, il collaudatore dei lavori in corso d’opera. Un vero e proprio blitz della Procura, che non ha atteso i tempi di consegna delle relazioni tecniche commissionate ai professori Michele Colella, libero professionista di Bari, e Caterina Di Maio, docente di geotecnica dell’università della Basilicata, che ha un ruolo chiave, in quanto dovrà accertare la situazione delle fondamenta della palazzina, con particolare riguardo a probabili interventi posteriori nel tempo, che ne abbiano potuto minare la resistenza alle spinte verticali di un corpo di fabbrica non più corrispondente alle origini dei primi Novecento. Cosa sia successo in vico Piave e chi dei 12 indagati ne sia realmente responsabile, sarà accertato nelle prossime settimane. 
L’ultimo atto sarà l’eventuale rinvio a giudizio, quando il cerchio si chiuderà ulteriormente sui presunti responsabili.

C’è una valanga di avvisi di garanzia per il disastro di vico Piave. A due settimane esatte dal drammatico crollo della palazzina al civico 22, costato la vita alla 31enne Antonella Dina Favale, i carabinieri della Compagnia di Matera li hanno notificati a tutti nella giornata di ieri. Tra gli indagati nel fascicolo per omicidio, lesioni e disastro colposo, c’è anche l’ingegner Nicola Oreste, ancora ricoverato in Rianimazione dopo essere rimasto per tredici ore imprigionato sotto le macerie.Il professionista risulta indagato come committente degli ultimi lavori di sopraelevazione, effettuati sulla palazzina crollata. Con lui risulta indagata anche la moglie Ornella Cianfrone, comproprietaria dell’immobile. Ma l’indagine della Procura, coordinata dal pm Annunziata Cazzetta, è volta ad accertare davvero tutte le responsabilità oggettive del tragico evento.Per questa ragione ci sono ben 12 indagati, tra uffici incaricati di controllare la staticità dell’edificio e responsabili dei lavori al piano terra. Le parti lese sono state individuate nei 42 condomini di quelle palazzine, oltre al Comune di Matera. 

 

Tra i tecnici figurano i nomi dell’ingegner Maddalena Lisanti, funzionario dei vigili del fuoco che effettuò il primo sopralluogo su vico Piave, il 15 dicembre 2013. Da quella prima ispezione erano, infatti, emersi elementi di criticità tali da chiedere, probabilmente con somma urgenza, lo sgombero della palazzina poi crollata l’11 gennaio scorso. Indagato anche l’ingegner Domenico Masciandaro, sempre in servizio negli uffici dei Vigili del fuoco, per il sopralluogo del 7 gennaio 2014, quando ancora si rilevarono criticità ma non si sgomberò. Poi ci sono da accertare le posizioni dei tecnici del Comune, che procedono di pari passo con quelle dei Vigili del fuoco, visto che le loro relazioni seguono quelle dei sopralluoghi. In particolare, risultano iscritti nel registro degli indagati il tecnico comunale Emanuele Lamacchia Acito, l’ingegnere che firmò l’allarmante relazione del 23 dicembre, con la quale si dipingeva una situazione critica, sulla scorta di quanto dichiarato una settimana prima dai Vigili del fuoco, ma ancora non si disponeva lo sgombero, limitandosi ad indicare la necessità che i condomini nominassero un tecnico di fiducia per effettuare ulteriori verifiche. Cosa che fu fatta, ma l’appuntamento era per il lunedì successivo al crollo. Troppo tardi.

 Indagata anche Delia Maria Tomaselli, dirigente del settore Lavori pubblici del Comune, che ha controfirmato la relazione di Lamacchia Acito, in qualità di responsabile dell’ufficio. Poi ci sono le posizioni della ditta e del committente dei lavori per il ristorante. Risultano indagati la progettista, architetto Rossella Bisceglie, insieme con Emanuele Taccardi, titolare e responsabile della sicurezza della ditta “Rieco”, che stava effettuando i lavori. Poi il direttore del cantiere Paolo Francesco Andrisani, e il committente e proprietario Nicola Andrisani, al centro delle polemiche e delle accuse fin dal primo giorno.

 Infine, l’ingegner Francesco Luceri, incaricato da Andrisani di effettuare i calcoli statici sul progetto in fase di esecuzione al piano terra e Vincenzo Andrisani, il collaudatore dei lavori in corso d’opera. Un vero e proprio blitz della Procura, che non ha atteso i tempi di consegna delle relazioni tecniche commissionate ai professori Michele Colella, libero professionista di Bari, e Caterina Di Maio, docente di geotecnica dell’università della Basilicata, che ha un ruolo chiave, in quanto dovrà accertare la situazione delle fondamenta della palazzina, con particolare riguardo a probabili interventi posteriori nel tempo, che ne abbiano potuto minare la resistenza alle spinte verticali di un corpo di fabbrica non più corrispondente alle origini dei primi Novecento. Cosa sia successo in vico Piave e chi dei 12 indagati ne sia realmente responsabile, sarà accertato nelle prossime settimane. L’ultimo atto sarà l’eventuale rinvio a giudizio, quando il cerchio si chiuderà ulteriormente sui presunti responsabili.

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