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COSENZA – Da trent’anni cerca notizie di suo padre, ucciso e fatto sparire il 28 luglio 1982. Una scomparsa etichettata inizialmente come un caso di «lupara bianca», comunque legata ad una vendetta della criminalità organizzata nei confronti di un commerciante che non avrebbe avuto legami malavitosi, ma che sarebbe stato ucciso, secondo alcuni riscontri investigativi, per «futili motivi». E durante questo lungo periodo, spunta anche il giallo di un ritrovamento di resti umani sui quali non sono mai stati chiariti definitivamente i dubbi su dove e come siano stati sepolti. La storia è quella di Pompeo Panaro, commerciante di Paola (Cosenza). A sollevare il caso è il figlio Paolo che, dopo anni di ricerche e approfondimenti, ha preso carta e penna e ha scritto al ministro della Giustizia, Paola Severino. Al Ministro, Panaro ha lanciato un appello affinchè «possa prodigarsi per consentire stavolta una ricomposizione esatta di tutti i tasselli dell’intera vicenda giudiziaria, iniziando ad abbattere quel muro senza nome dietro il quale vengono segregati i resti umani di mio padre per darne finalmente una degna sepoltura fino ad oggi negata da tutti». Infatti, nella missiva Panaro ricorda che i resti del padre furono ritrovati il 15 giugno 1983 a Paola, in località Trifoglio, «senza che però nulla sia stato comunicato nè alla moglie della vittima, nè ai due figli». Per questo, è iniziato un calvario giudiziario per la famiglia che ha provato in tutti i modi ad avere notizie del congiunto. Paolo Panaro, in particolare, ha presentato anche una serie di denunce, fino a scoprire che «nel 1997, a seguito di alcune rivelazioni di un pentito – è scritto nella lettera al Ministro – la Dda di Catanzaro riaprì le indagini disconoscendo il ritrovamento del cadavere e l’esistenza di un procedimento penale per omicidio volontario contro ignoti conclusosi con una sentenza di non doversi procedere». Le indagini furono, poi, riaperte nel 2007, dopo le dichiarazioni di un altro pentito, ma anche in quel caso non portarono alcun esito. L’ultima denuncia del figlio della vittima risale al 23 ottobre 2012, quando Paolo Panaro si è rivolto nuovamente alla Dda del capoluogo calabrese per chiedere di rivedere le indagini e di essere ricevuto con il solo obiettivo, ha detto all’Agi «di dare una degna sepoltura a mio padre». 

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