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«L’ordine pubblico deve essere mantenuto a qualunque costo, anche a costo di far fuoco sopra chi lo turbasse». Questa la direttiva compromettente e finora sconosciuta che Mussolini diede ai prefetti delle 17 nuove «province del Littorio» convocati al Viminale per le istruzioni di rito. Pantaleone Sergi, giornalista, scrittore e storico, che ha rintracciato il documento nell’Archivio di Stato di Matera, ne scrive oggi su «l’Unità», anticipando un più ampio studio che comparirà sul prossimo numero del «Giornale di Storia Contemporanea», diretta dallo storico Ferdinando Cordova. Il discorso di Mussolini fu «mnemostenografato» da Ottavio Dinale, ex anarco-sindacalista di Mirandola amico da sempre del Duce, che fu inviato come «prefettissimo» a Nuoro, dove tenne ben conto di quelle indicazioni nella lotta al banditismo. Fu lo stesso Dinale, recensore ufficiale degli scritti di Mussolini, a farne avere copia ai suoi colleghi prefetti presenti all’incontro. «L’imperativo di Mussolini a un gruppo di neo prefetti – scrive infatti Sergi – non si prestava a equivoci». Era il dicembre 1926, la dittatura agli esordi, la lira svalutata, la stampa d’opposizione neutralizzata, le leggi fascistissime da poco in vigore, tribunali speciali e commissioni provinciali per il confino pronti all’opera per colpire ogni dissenso al neonato regime. Stesso trattamento, aggiunse Mussolini, doveva essere riservato alle gesta dello squadrismo in ritardo, alla Farinacci che andavano represse. Nessun tentennamento, raccomandava il Duce: «Chi si rendesse colpevole deve essere arrestato e dovete pregare le autorità giudiziarie di procedere per direttissima e di condannare al massimo della pena».

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