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EXODUS, ovvero uscita, liberazione da ogni forma di schiavitù, compresa quella delle dipendenze e del disagio sociale che ne deriva.

E’ questa la mission, che da trent’anni anima la grande comunità fondata nel 1984 da don Antonio Mazzi, oggi divenuta una benefica rete nazionale, con “case” in tutta la Penisola, dove vengono accolte persone che hanno sbagliato, ma non per questo devono essere marginalizzate dalla società. Il ruolo di Exodus, da sempre, non è solo quello di assistere ed ospitare chi non ha più né arte, né parte, ma la riabilitazione tout cour, attraverso progetti concreti, che inducano la persona a riemergere con le proprie forze, essendo poi in grado di tornare in piedi e restarci, in molti casi per non cadere più. E’ la forza di Exodus, che in questi giorni celebra orgogliosamente il suo trentennale, con lo slogan “Apriamo strade impossibili”.

La comunità lucana di Tursi è sette anni più giovane di quella madre. Nacque, infatti, nel 1991 immersa nel bosco tra i calanchi di Tursi, nel suggestivo convento di San Rocco, voluta dall’allora vescovo di Tursi-Lagonegro, monsignor Rocco Talucci. Una moderna via del riscatto, attraverso il raccoglimento e la purezza tipica dei conventi di un tempo, dove i monaci osservavano con gioia la strada dell’ora et labora, unico percorso virtuoso per uscire dal tunnel. La parola Exodus, infatti, ricorda proprio quello biblico, ovvero il racconto della liberazione del popolo ebreo dalla schiavitù d’Egitto, attraverso un lungo viaggio nel deserto del Sinai.

L’Esodo biblico è, dunque, inteso come paradigma di tutti i cammini di liberazione. Per questo motivo, non è solo un ricordo, è la strada di oggi che passo dopo passo traccia la storia do ognuno di noi. «È il nostro viaggio personale e di gruppo, carico dei nostri desideri, rimpianti, canti, fatiche, scoperte, illusioni, amicizie. È sete di terra promessa», si legge sul sito della comunità. L’avventura iniziò dalla prima carovana: una comunità itinerante allestita nel 1984 e messa in strada l’anno successivo, il 25 marzo 1985. Esperienza unica e straordinaria, partita da Milano con 13 ragazzi tossicodipendenti e 6 educatori. Dopo un viaggio duro, ricco e affascinante di venti tappe lungo la Penisola, fece ritorno sempre a Milano qualche giorno prima di Natale dello stesso anno: nove mesi per una rinascita.

«Fu l’evidenza concreta che un viaggio di liberazione era possibile. -si legge ancora sul sito di Exodus- La scommessa, la speranza e l’avventura contenute nella prima carovana segnarono gli anni successivi».

Nei suoi primi dieci anni di vita, il movimento di Exodus attraversò le più drammatiche questioni sociali del Paese: le dipendenze, il carcere, il terrorismo, l’Aids, la grave emarginazione sociale. «Le carovane incontrano territori e testimoni privilegiati, con grande semplicità i ragazzi e le ragazze ricompongono il senso della loro vita non solo praticando una disciplina sana, ma toccando con mano e portando il loro aiuto alle sofferenze degli altri, disabili, anziani, infanzia abbandonata, con un metodo essenziale fondato sulla relazione educativa, poche regole e intenso confronto all’interno del gruppo e con l’ambiente esterno. Presto accanto alle carovane iniziano a costituirsi presenze più stabili con case in molte regioni d’Italia». Fin dai primi anni Exodus è presente nelle scuole, propone incontri e corsi per genitori, lavora con gli adolescenti negli oratori e nelle periferie.

Dai primi anni Novanta, si vengono a strutturare le prime attività lavorative, per offrire un’opportunità di reinserimento ai ragazzi in uscita dalle comunità. In quel clima, nacque la casa lucana di Tursi, insieme ai primi progetti al di fuori dei confini italiani, con le carovane europee, con la presenza nei campi profughi in Bosnia, con il progetto Romania, nell’orfanotrofio di Popesti in Moldavia, con la carovana in Patagonia. Le attività nate a partire dall’idea iniziale di Exodus proposta da don Mazzi, nei 30 anni di strada fino ad oggi, si sono venute così a precisare intorno a quattro filoni tematici e ad alcune necessità trasversali.

Dal dicembre 1991 Tursi è una vera comunità per giovani dipendenti, dove le cellette monastiche invitano alla riflessione, al cammino, al ritiro per poter pensare e fare i conti con la propria storia. Invitano alla ricerca e alla pace. La struttura può ospitare 20 persone per cura e riabilitazione ma almeno 15 in più per alloggio di tipo diverso; è dotata di una falegnameria di 200 mq, laboratorio di restauro, laboratorio di fotografia, piccola fattoria, campo sportivo polivalente. Accoglie tossicodipendenti, alcolisti, famiglie di adolescenti. Organizza corsi di musica e di chitarra, di canto corale, cineforum. Sport: attività di bicicletta, calcetto, palestra.

L’idea di Exodus ha potuto attecchire e svilupparsi grazie alla collaborazione con enti pubblici e privati e grazie anche al sostegno diretto di alcuni amici. Con il crescere e il consolidarsi delle diverse esperienze si sono trovate via via forme giuridiche diverse per organizzare le risposte all’interno dei differenti settori. In questo modo, accanto alla Fondazione Exodus sono nate cooperative, consorzi, associazioni.

a.corrado@luedi.it

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