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I Comuni calabresi non investono sui servizi sociali ovvero non hanno i fondi per farlo. Una condizione che accentua le differenze tra Nord e Sud. Infatti, nel 2008 i Comuni italiani, in forma singola o associata, hanno destinato agli interventi e ai servizi sociali 6 miliardi e 662 milioni di euro, un valore pari allo 0,42% del Pil nazionale. La spesa media pro capite è pari a 111 euro, ma le differenze territoriali sono significative: si va da un minimo di 30 euro in Calabria a un massimo di 280 nella provincia autonoma di Trento. Al di sopra della media nazionale si collocano tutte le regioni del Centro-Nord e la Sardegna, mentre il Sud (escluse le Isole) presenta i livelli più bassi di spesa media pro capite (52 euro), circa tre volte inferiore a quella del Nord-est (155 euro). È quanto si legge sul Rapporto sulla Coesione sociale presentato oggi da Inps, Istat e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Famiglia e minori, anziani e persone con disabilità sono i principali destinatari delle prestazioni di welfare locale, su queste tre aree di utenza si concentra l’82,6% delle risorse impiegate. Le politiche di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale incidono per il 7,7% della spesa sociale, mentre il 6,3% è destinato ad attività generali o rivolte alla «multiutenza». Le quote residue riguardano le aree di utenza «immigrati e nomadi» (2,7%) e «dipendenze» (0,7%). Il 38,7% della spesa è destinato a interventi e servizi, il 34,7% a sostegno di strutture, il rimanente 26,8% ai trasferimenti in denaro. Nelle regioni del Sud quote di spesa significative sono destinate alle politiche di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale: il 12,3% nel complesso dell’area, a fronte di una media nazionale del 7,7%, con un picco del 23,8% in Calabria.

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