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POTENZA – E’ stato scarcerato dopo meno di 24 ore di detenzione Aniello “Daniele” Barbetta, il 23enne di Rionero accusato dai pm di Roma del tentato sequestro di Silvio Fanella, ad agosto del 2012. Un piano sventato dall’intervento dei carabinieri fin troppo simile a quello che la scorsa settimana è finito con la morte del cassiere della banda Mokbel.

A disporlo è stato il gip di Potenza Amerigo Palma, che non ha convalidato il fermo effettuato dai pm Giuseppe Cascini e Paolo Ielo della Dda della capitale. Proprio mentre un altro gip, Massimo Battistini, convalidava quello per il 40enne romano Roberto Macori, considerato il mandante sempre del colpo fallito nel 2012.

Per Palma «non sussiste alcuna esigenza cautelare» a carico del 23enne, che sarebbe stato reclutato per l’operazione da Giovanni Plastino, 35enne di Rionero, già in carcere per una condanna definitiva per mafia ed estorsione col clan melfitano dei Cassotta.

Anche a Plastino è stato notificato un decreto di fermo identico a quello di Barbetta e Macori, ma per lui l’udienza di convalida dovrebbe tenersi soltanto oggi.

Poi ci sarebbe stato un «Roman» che i carabinieri al comando del capitano Antonio Milone hanno identificato in Roman Mecca, 21enne sempre di Rionero, per quanto i colleghi romani sul punto si siano mostrati molto più prudenti.

Palma ha evidenziato la sua incompetenza territoriale rispetto a un fatto avvenuto a Roma, e l’assenza dei caratteri di «urgenza e contingenza» della situazione previsti dal codice per emettere lo stesso delle misure cautelari da convalidare successivamente nella capitale. Quindi ha ordinato la restituzione degli atti ai Pm.

Durante l’udienza Barbetta si era avvalso della facoltà di non rispondere, proprio come ha fatto Macori. Ma i legali del 23enne, gli avvocati Gaetano Araneo e Iuri Bifaro, hanno prodotto della documentazione per dimostrare che il loro assistito non era a Roma il 3 luglio, quando Fanella è stato ucciso.

Il movente del tentativo di sequestro di due anni fa sarebbe stato lo stesso di quello della scorsa settimana, degenerato nella sparatoria in cui è rimasto ferito anche uno dei membri della “squadra” entrata in azione: Giovanni Battista Ceniti, 29enne di Genova, con un passato di militanza nell’estrema destra. Volevano rapire il cassiere dell’imprenditore “nero” autore della maxi frode da 2 miliardi di euro ai danni di Telekom Sparkle e Fastweb. Poi lo avrebbero picchiato fino a fargli dire dove aveva nascosto parte del bottino, non si capisce bene se per conto o alle spalle della “banda” e del suo capo: Gennaro Mokbel. In soldoni: 34 sacchetti di diamanti del valore di milioni, vari orologi preziosi. più 249mila dollari e 245mila euro in contanti nascosti nelle scatole di gelato. Una fortuna scoperta soltanto dai militari del Ros dei carabinieri poche ore dopo l’omicidio, “setacciando” la casa di campagna della vittima.

Ad avvalorare la pista “lucana” dietro anche dietro a quanto accaduto la scorsa settimana sono stati gli «evidenti collegamenti» e «numerose similitudini» tra i due episodi. In particolare, il ruolo di due «finanzieri» (veri o presunti tali): una coincidenza tanto più importante se si pensa che era l’unico dettaglio rimasto a conoscenza soltanto degli addetti ai lavori – oltre che degli autori del primo tentativo di sequestro – dopo le notizie apparse a fine maggio sul Quotidiano della Basilicata.

«L’azione del 3 luglio scorso – è scritto nel decreto di fermo convalidato per Macori e annullato per Barbetta – è stata compiuta, come quella del 2012, da persone, armate e munite di fascette per immobilizzare la vittima, che hanno esibito al portiere dello stabile un tesserino di riconoscimento falso della Guardia di finanza».

Ma in una conversazione intercettata nell’auto di Barbetta Plastino la racconta in maniera diversa, spiegando che i «finanzieri» coinvolti avrebbero «simulato un regolare arresto». Proprio come sarebbe avvenuto la scorsa settimana, almeno stando a quanto riportato dal Tempo, quando i killer  avrebbero lasciato dietro di loro anche «alcuni fogli con intestazione della Guardia di finanza».

La scoperta del piano per rapire Fanella era avvenuta durante un’inchiesta dei carabinieri di Potenza partita proprio da Barbetta e dai suoi rapporti col clan Cassotta, per cui il 23enne risulta indagato per estorsione, minaccia, furto e incendio aggravati, droga, armi e spaccio di banconote false.

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