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POTENZA – Gli hanno fatto la festa d’addio. Ieri mattina a Potenza il cda dell’Università della Basilicata ha salutato il suo consigliere diventato nel frattempo sindaco di Matera, Raffaello De Ruggieri. Una cerimonia informale alla quale il primo cittadino si è presentato con la sua agenda rossa (speriamo non piena di segreti come quella di Borsellino) e, come ripete spesso, coniugando i verbi al futuro. E’ la lezione di Chinchino Compagna, specifica con fare un po’ snob. Giusto per non creare equivoci con quella parola chiave del dossier Matera2019, quell’ “open future” che per lui ha assunto un significato esistenziale prima che politico-culturale. Il segnapagine dell’agenda del sindaco è proprio un ricordo del grande meridionalista stroncato da un infarto nel mare di Capri il 24 luglio del 1982. Domani saranno 33 anni. Compagna guardò i Sassi di Matera pensando a Bergamo alta. «Ora è più bella Matera» – dice De Ruggieri e gli scappa la battuta, popolare stavolta, non ci costringe a rivedere i classici: «Oggi Matera è come un confetto Falqui, basta la parola». La forza attrattiva della città dilaga senza freni, nonostante le miserie della politica. «Ma le battaglie sono testimonianza – dice il sindaco – scelsi di andare a vivere nei Sassi quando nessuno ci credeva». Comprò casa a un funerale. Certo, borghese colto e benestante, ne scelse una bella e in alto (è stata la casa di Ben Hur) quando ancora la muffa strozzava le pareti delle caverne basse «ma la mia storia di impegno civile che è dentro quella concreta stagione di recupero, nessuno me la può togliere». Se gli chiedi cosa lo ha ferito di più della campagna elettorale tentenna, dalle mezze parole si intuisce, e non è tanto l’attacco all’età (“non me li sento ottanta anni e sono un ottimista cronico”) ma l’aver messo in discussione la sua onestà. Ma non è Adduce il suo bersaglio al quale anzi dice: «Avrebbe dovuto candidarsi come il sindaco di tutti, con lui comunque ho lavorato bene», fino a quel benedetto dossier.

Sarà per questo che De Ruggieri ha scelto una strada che si annuncia profondamente diversa da quella che ha caratterizzato il suo precedessore. Tanto per iniziare il simbolo diverso se lo porta sulla giacca, è la spilla di Matera2020. Chi ha seguito le cronache elettorali sa che fu l’astuta distinzione voluta da Tosto per le primarie del gruppone messo insieme e che poi ha vinto le elezioni. Ma i fortunati stranieri ignari della nostra politica potrebbero essere disorientati: 2020? Un errore? «No, io voglio essere il sindaco di Matera che è la città che resterà per sempre». La corsa al 2019 quasi lo innervosisce. «Voglio fare il sindaco e non vedo l’ora di liberarmi di questa storia della Fondazione. Matera 2019 deve essere l’occasione per una priorità, il lavoro». «Ci sarà il bando per il direttore, è scritto nel dossier. Non si può dire che quei contenuti sono vincolanti a seconda delle convenienze».

Ma la vera novità è che questa del dossier è una discussione che intende archiviare. «Sarà compito d’altri occuparsene». Quello che intende fare sarà frutto dell’azione amministrativa. «Nessuno può impedirmelo, che rientri o meno lì». E mi parla di una battaglia in cui crede: «I siti patrimonio Unesco fuori dal patto di stabilità (o come oggi si chiama) e poi la zona franca. Matera può fare da traino. Se ne avvantaggeranno anche altri luoghi». Intanto al Comune è in arrivo il viceprefetto Iaculli, sarà della squadra, come capo di gabinetto. «Una donna di ferro per mettere mano alla macchina amministrativa». Lui, il sindaco, è molto probabile che smaltiti gli ultimi postumi della sbornia elettorale, si chiuderà nel suo ufficio. Poche visite, scarse telefonate e poca rappresentanza. «Se giro da un convegno all’altro non riesco a concludere quello che ho in mente». Un sindaco con la porta chiusa? «Non voglio dire che divento inaccessibile, ma io non devo costruire nessuna carriera politica, devo dare conto, questo sì, devo però arrivare a fine giornata con un risultato, e non limitarmi a mettere a posto la scrivania”. Le relazioni? “Quelle giuste, dove serve bussare per ottenere quello che ci serve”. Insomma la logica di un Mezzogiorno che ha ancora bisogno di cure e che deve attrarre investimenti, sia pure contenuti e compatibili, diversa da quell’idea di cultura come cittadinanza, da quello stare insieme autosufficiente che è stata la grande novità dell’epoca Adduce. “L’innovazione e la modernità devono essere innesti di nuova funzionalità in quello che abbiamo già disponibile, altrimenti accantoniamo la storia”. Mi fa l’esempio del consorzio di bonifica e di un progetto che gli frulla in testa. Troppo complesso per sintetizzarlo qui in due parole. Più lo ascolto più penso che l’optimum sarebbe stato mettere insieme i pensieri diversi, il grande sforzo fatto da Adduce a trascinare tutta la regione verso la vittoria, la storia che si porta dietro de Ruggieri. Maledette elezioni.

Poi la Giunta e il teatrino delle richieste di questi giorni. Sa di aver già scontentato qualche illustre compagno di viaggio (in primis l’avvocato Buccico) e ironizza sulle prodezze d’iniziativa anche di molti che gli stanno accanto. Con senso pratico ammette che sarebbe stato difficile far venire a tempo pieno a lavorare a Matera chi avrebbe dovuto rinunciare a più lauti stipendi. E si addossa la responsabilità di un risultato. Anche delle preoccupazioni familiari. «Mia moglie in questi giorni di polemiche sulla Giunta non ha dormito la notte». E lei? «Io posso dormire tranquillo. E’ la mia grande forza, ma chi me lo doveva dire». Che diventava sindaco? «Mi sembra ancora strano che mi chiamino così, quanta gente incontro per strada che mi dà fiducia e mi carica di aspettative. Questa attesa non posso tradirla». Scappa a Matera dove nel pomeriggio incontrerà Peppino. Chi? «De Rita, un mio vecchio amico». E controlla l’agenda rossa. Sbircio e mi cade l’occhio sul 12 settembre. «Essì, pure la cena con la superstar». Sarà pure un sindaco chiuso in ufficio ma a quell’invito non ha detto no. Dodici imprenditori a tavola, una cena per pochi per raccogliere fondi per la città della pace. Ospite gradita Sharon Stone. Chissà se la signora parla latino.

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