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POTENZA – «Quello si è accusato perchè tanto o due o tre omicidi che cacchio cambia».

Replicava così Claudio Lisanti alle accuse di Alessandro D’Amato a dicembre del 2010 intervistato dal Quotidiano della Basilicata dopo le rivelazioni del pentito melfitano.  

Oggi Lisanti viene indicato anche dai pm di Salerno come chi avrebbe impugnato il fucile da cui è partito il colpo che ha ucciso Pinuccio Gianfredi e Patrizia Santarsiero. Ma è morto a gennaio dell’anno scorso per questo i sospetti nei suoi confronti sono destinati a restare sospesi.

Operaio per una ditta che piantava pali per la telefonica, quando il Quotidiano ha parlato lui si era presentato come «il killer di cui parla tutta Potenza». Bassino ma molto robusto. Addosso la tuta da lavoro ancora sporca, e le mani tutte spaccate ricoperte di polvere grigia.

«Io non ho niente a che vedere con questa storia. Io non c’ero proprio quella sera. Se c’è qualcuno che ha visto qualcosa è bene che si faccia avanti. Non mi possono uccidere così come se fossi diventato il killer di Potenza».

Questo era stato il suo sfogo immediato prima di smentire D’Amato e Antonio Cossidente, l’ex boss della calciopoli rossoblu che si è accusato di averlo “armato” per uccidere.

«L’hanno schifato tutti quanti a Potenza anche quelli che hanno fatto lo stesso lavoro suo. Amici non ne ha più. Andava mettendo solo zizzania. Quindi quando dice a me una cosa del genere me le deve constatare. Perchè io effettivamente lì non c’ero. come non c’ero quando hanno tentato lì quell’altro omicidio con Danese (il 18 novembre del 1996.ndr). Perchè è impossibile. La vita mia quella è. Posso descrivere l’itinerario di quello che faccio durante la settimana».

Lisanti non aveva difficoltà ad ammettere di aver conosciuto anche lo stesso Gianfredi. «Conosco Gianfredi, conosco Dorino (Stefanutti, ndr), conosco Martorano (Renato, ndr). Siamo amici. Ma quale luogotenente di che cosa? Io non sto dicendo che sono stato un santo. Mi sono preso le denunce mie, però io quello che ho fatto solo per le mani. Ci siamo cresciuti assieme da bambini, e quando è successo il fatto di Gianfredi (l’arresto nel 2004, ndr) a me è venuto Dorino, è venuto Martorano. Per dirmi: “Vid’ ca…io ti canosc’. Ponn’ chiacchierà quann voln’”».

Sul suo rapporto con Cossidente Lisanti spiegava di averlo conosciuto perché erastato suo vicino di casa. «Ci incontravamo qualche volta anche la sera. Però degli affari suoi non mi sono mai interessato. Mai, mai. Era una cosa di amicizia. L’andavo a prendere, l’ho accampagnavo, anche quando è morto il padre. Mi dispiaceva perchè era appena uscito di galera. È dal momento che io ho voluto troncare con questo, dopo il carcere, è da tann’ che per lui… Perchè io lo so che è andato dicendo, anche al cognato mio… E questo adesso se ne viene con questa cosa qua».

Più complesso il gancio con Alessandro D’Amato: «L’ho conosciuto con tutti loro. In carcere? No, no, no, no. L’ho conosciuto fuori. Dopo che è successo questo fatto (si riferisce all’arresto nel 2004.ndr) qui a Potenza».

Temeva di essere arrestato Lisanti e di passare per capro espiatorio. «Là ci stanno i soldi. Non vi pensate che è un omicidio da niente. Là c’è altra gente. Hanno trovato un colpevole. Perchè? Perchè sono un povero stronzo che non si può permettere un avvocato».

Questa era la sua versione. «Sicuramente devono coprire qualcuno. Secondo me è un complotto, ma un complotto di quelli buoni. Secondo loro mi devo pagare le conseguenze, ma lo devono dimostrare».

l.amato@luedi.it

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