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L’operazione Decollo money ha messo in risalto ieri il potere della ndrangheta, in particolare della cosca Mancuso di Limbadi (Vv) di acquisire un istituto di credito per riciclare il denaro del narcotraffico. Nella rete degli investigatori è finito anche il fondatore dell’istituto bancari e in tutto sono finite in manette 10 persone. Secondo il Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Catanzaro, Tiziana Macrì, il Credito Sammarinese aveva bisogno di denaro per superare la fase di crisi ed ha «aperto le porte alla ‘ndrangheta». Questa dunque la considerazione del gip Macrì che ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare che ieri ha portato all’arresto di dieci persone tra cui anche i vertici della dell’istituto di credito nella Repubblica del Titano.
«I vertici del Credito Sammarinese – scrive il giudice nell’ordinanza di custodia cautelare – nella prospettiva di ottenere depositi di rilevante entità che consentissero, in qualche modo, il superamento della fase di criticità in atto, ha aperto le porte dell’istituto bancario alla criminalità organizzata ‘ndranghetistica. I depositi del crimine organizzato transnazionale avrebbero garantito la sopravvivenza ad una banca già in stato di decozione, del tutto indifferente all’inquinamento del sistema finanziario e bancario sammarinese che ne sarebbe derivato».
L’inchiesta dei sostituti procuratori della Dda di Catanzaro, Salvatore Curcio e Paolo Petrolo, ruota intorno ai depositi fatti nella banca da Vincenzo Barbieri (nel riquadro), il broker della droga legato alla cosca Mancuso ucciso nel marzo scorso in un agguato a San Calogero. E proprio quando Barbieri aprì i suoi primi conti correnti nell’istituto di credito iniziarono le segnalazioni da parte di due impiegati i quali, attraverso informazioni trovate sui siti internet, scoprirono che il l’uomo era legato alla cosca dei Mancuso. In occasione del primo deposito di denaro, pari a 597 mila euro, l’ex direttore generale del Credito Sammarinese rassicurò i due impiegati sostenendo che «era un suo contatto – scrive il giudice – e che se fosse successo qualcosa loro non avrebbero avuto nessuna responsabilità».

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