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REGGIO CALABRIA – Ci hanno voluto lasciare un segno. Una firma. Una sorta  di testimonianza di esistenza in vita, un urlo. Le pareti d’acciaio della nave madre usata dai trafficanti di uomini ne sono piene. Ci sono le impronte delle grandi mani degli uomini adulti. E quelle piccole di donne e bambini. Calchi incisi sulla vernice dopo aver immerso le mani nel grasso, oppure dopo essersi imbrattati palmi con l’olio di una carrucola. E’ la foro firma vergata sulla parete gelida che li ha contenuti per giorni.La nave dei negrieri egiziani fermati ieri mattina dalla Procura della Repubblica se ne sta tetra da lunedì notte aggrappata alla banchina del porto di Reggio Calabria. I caratteri arabi sulla fiancata e attorno al boccaporto, dentro un tappeto di tutto. Di coperte, di indumenti, di resti di cibo, di brandelli di vita. Forse gli “scafisti”, il loro peschereccio d’altura avevano provato a ripulirlo. Ma i segni del passaggio di quei 226 siriani ci sono ancora. 

Sono le mani, le impronte con cui hanno imbrattato il ferro intriso di odori forti. Un fetore che infesta la nave anche quando è vuota e che da piena, carica come è stata per almeno sette giorni, doveva essere ancora più intenso. Tre livelli. Nelle stive alcuni spazi erano riservati alle derrate alimentari dell’equipaggio. Carni appese a grossi ganci, frutta e verdura in una grande cassa, pane congelato, uova, cipolle, tuberi e patate. Tutto accatastato sopra grandi blocchi di ghiaccio. Poi la sala macchine e degli spazi vuoti sia a poppa che a prua. «Ambienti che forse sono serviti a stivarci dentro quei disgraziati», spiega uno dei marinai che fa da Caronte nel viaggio di quello che poche ore prima era un inferno. 

Al piano di sopra, sul livello galleggiamento, al centro quattro o cinque cabine con una mezza dozzina di posti a dormire, alcune usate dall’equipaggio, altre anch’esse stipate di migranti. Tutto attorno un lungo corridoio semi riparato, su cui era distribuito il grosso delle donne e dei bambini. Per gli altri il ponte di poppa e quello di prua, con solo il cielo a coprirli e gli spruzzi d’acqua a ricordargli che erano ancora vivi. Il piano più alto della nave, il terzo livello, era quello della plancia, con la cabina del comandante e degli spazi a cui avevano accesso solo i componenti del gruppo di trafficanti. Dieci egiziani adulti, quattro minori, e tre bambini. Si, perchè tra gli schiavisti c’è sempre qualcuno che è schiavo a sua volta. Sulla nave madre c’erano infatti sette ragazzini. Quelli con più di 14 anni, sono stati fermati con la stessa accusa degli adulti (contro di loro si è mossa la Procura dei minori). Gli altri, i più piccoli, non sono imputabili. Sono i mozzi della nave madre, quelli che addetti ai lavori più umili, quelli venduti dalle famiglie ai mercanti come animali da soma. Vittime trasformate, loro malgrado, in carnefici. Sfruttati e maltrattati,  alla stregua di servi per poche monete al giorno. 

Nella pancia di quella nave senza bandiera, ieri mattina non c’era nulla di umano, o meglio c’erano solo segni lontani di un’umanità perduta, offesa, violentata. Un’umanità che forse è stata, ma che nei giorni scorsi era scomparsa. Su quei ponti ghiacciati dal freddo del mare, presi a schiaffi dalle onde e dal vento, per una settimana i corpi si sono ammassati in un magma indefinito. Poca acqua per i migranti, niente cibo. Chi è nutrito e dissetato lo ha fatto con il poco che si era portato dietro partendo dal porto, a pochi chilometri da Alessandria d’Egitto, da dove la nave è salpata. I migranti, una volta trasbordati sul barcone che in teoria avrebbe dovuto portarli in Calabria, i mercanti d’uomini li hanno abbandonati a se stessi. Loro stavano provando a tornare indietro per ripartire con un nuovo carico. I siriani sono stati salvati dalla Guardia di Finanza poco prima che la loro carretta del mare si inabissasse in mare. Gli scafisti li hanno presi che quasi avevano raggiunto le acque territoriali libiche gli uomini del pattugliatore “Denaro”. Fermati, e riportati a terra, per essere processati. Per una volta ai migranti è andata bene, per una volta ai trafficanti no.

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