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PERPLESSO e stupito. Questo il disagio che ho provato nel leggere l’articolo pubblicato su Il Quotidiano della Basilicata di sabato 21 marzo 2015 firmato da Anna R. G. Rivelli, in cui è posta in essere – ad avviso mio e del Comitato Giovani di Rivolta L’Italia Basilicata – una stucchevole critica alla “benevolentissima” intervista di Saro Zappacosta, all’assessore De Francesco.
Zappacosta ha posto una domanda alla dott.ssa De Francesco rispetto all’eredità ricevuta in dote – l’assessorato alla cultura – spinosa e oltremodo deludente – visto e considerato che l’amministrazione precedente ha imperniato tutto il suo consenso sulla cultura con risultati evidentemente insoddisfacenti e pressoché prossimi allo zero (per molti) più soddisfacenti (per altri).
A tale quesito l’assessore risponde dicendo che – cito testualmente – «Il Comune non deve fare cultura. La cultura la fanno i cittadini, la gente, le comunità, i singoli (…) Quando la cultura diventa un recinto politico, un protettorato dell’ente pubblico, quando fioriscono iniziative culturali solo se finanziate dalla politica, la cultura smette di essere tale, diventa conformismo».
Inoltre, una stoccata è stata rivolta alla Sfilata dei Turchi – oggetto di eterna contesa nella nostra comunità – poiché più volte rivisitata ma debole dal punto di vista dell’attrazione di pubblici esterni al contesto più locale e a quello regionale. Tali affermazioni hanno condotto la Rivelli a credere che l’Assessore De Francesco abbia una “strana” concezione della cultura tanto da indurla a scrivere – anche qui cito testualmente – «sdoganando in sostanza un parametro che premierebbe le barzellette di Totti più che la Divina Commedia, “Uomini e donne” più dei teatri d’autore, la sagra del pisello giallo di chissà dove più che un museo di scienze naturali». Continua poi dicendo che alla precedente amministrazione deve essere dato atto di una benché minima onestà intellettuale per quanto realizzato per la crescita culturale della comunità.
Intanto, ritengo che la cultura non debba seguire parametri né debba essere imbrigliata in recinzioni (di sorta alcuna) visto che secondo una definizione “antropologica” la cultura è “il complesso” delle manifestazioni della vita materiale, sociale e spirituale di un popolo o di un gruppo etnico».
Ricordo che nell’alveo di ciò che può e deve essere considerata cultura esistono il folklore e le tradizioni – e tra esse anche quelle enogastronomiche: ben ci sta la sagra del pisello giallo di «chissà dove» se ciò contribuisce alla crescita del territorio e dei suoi «veri diamanti».
Sarebbe ora che si proponga una seria progettualità strategica di marketing territoriale anche in virtù della vicinanza di Matera. Taccio sulle barzellette di Totti piuttosto che su Uomini e Donne (pur sempre figli della cultura cosiddetta pop o di massa) poiché potremmo aprire un dibattito che non si esaurirà mai.
Una seria considerazione, inoltre, emerge dall’intervista alla De Francesco su cui si potrà discutere in seno alle associazioni che spesso sono diventate dei “magneti attrattori di moneta sonante”: certo le istituzioni devono supportare le associazioni – se assumiamo che esse sono composte da cittadini che hanno il diritto di stabilire ciò che è cultura e ciò che non lo è – ma è anche vero che i privati dovrebbero porsi in un ruolo di “mecenati” e incentivare la cultura e promuovere idee creative e sostenerle per quanto possibile.
E in Basilicata c’è qualche buona pratica in merito: Matera docet. La cultura inoltre, dovrebbe essere in grado di produrre dei pragmatici risultati anche in termini di indotto lavorativo: lo rivelano i grandi eventi grazie ai quali si crea fermento turistico. Dire che la precedente amministrazione abbia prodotto risultati evidenti per la comunità credo appaia una “benevola difesa”. E visti gli inefficienti risultati prodotti dalla scorsa Giunta comunale, mi pare troppo rigida una critica rivolta all’attuale assessorato che ha avuto solo dieci mesi di operato.

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