X
<
>

Condividi:
6 minuti per la lettura

POTENZA – «Non do un giudizio positivo ma strapositivo sulla bozza di riforma del Titolo V presentata da Renzi». 

E’ entusiasta Chicco Testa il giorno dopo l’annuncio del disegno di legge costituzionale partorito dal patto del Nazareno tra il segretario del Pd e il leader di Forza Italia. Al suo interno c’è la cancellazione delle materie di competenza concorrente tra Stato e regioni, col ritorno dell’energia e delle grandi infrastrutture strategiche in capo al primo.

Oggi l’ex presidente di Legambiente ed Enel, deputato per due legislature nel Pci-Pds, è alla guida dell’Associazione Nazionale delle Imprese Elettriche (Assoelettrica). Siede anche nel consiglio di amministrazione della Mediterranean Oil & Gas (Medoil), una società inglese che intende estrarre petrolio dai fondali a largo di Ortona. 

In Abruzzo sembra essere stato il Governo a mettersi di traverso al progetto. Cosa cambia se da domani la Regione non avrà più voce in capitolo?

«In effetti nel caso di Ombrina si è bloccato tutto a livello del Governo. Ma soltanto da un punto di vista formale. Perché l’opposizione del Ministro Orlando, stando a quanto mi è stato riferito, sarebbe da attribuirsi alle pressioni di alcune forze politiche regionali preoccupate per i riflessi sulle prossime elezioni. Non la Regione, sia chiaro. Tant’è che il presidente mi ha ripetuto più volte di non avere poteri per intervenire sulla questione. Più in generale però, se parliamo di risorse minerarie, va riconosciuto che l’avvicinamento delle competenze al territorio, dagli anni ‘70 in poi, ha finito per aumentare l’ingovernabilità complessiva dei processi. Sono proliferati veri e propri egoismi territoriali. La vicinanza del decisore ai suoi elettori non è sempre un fatto sempre positivo. Ad esempio in Puglia sul progetto del Tap, il metadonotto tra Azerbaijan e Italia. Non è possibile che un’opera di quella rilevanza venga sottoposta alle forche caudine come sta avvenendo. Ricordo diversi casi anche quand’ero presidente dell’Enel. Come l’elettrodotto Matera-Santa Sofia. Siamo stati bloccati per un numero infinito di anni. O l’elettrodotto dall’Albania. Per non parlare del collegamento tra Sicilia e Calabria, che ancora oggi finisce per appesantire le bollette dei piemontesi e dei laziali, non solo i siciliani. Il punto è che ci sono dei progetti di valenza strategica nazionale. E’ come in un condominio con il deposito di biciclette. C’è bisogno di qualcuno che se prenda carico. Parliamo di opere che spesso sono previste da accordi internazionali».

Solo esempi del Sud?

«Sono diverse le regioni che hanno assunto atteggiamenti inspiegabili, ma devo dire soprattutto quelle del Sud, che sarebbero proprio le più bisognose di investimenti infrastrutturali. Guardiamo pure alla vicenda rifiuti. Perché regioni come Lombardia, Toscana e Veneto non hanno problemi? Perché per la Campania non possono applicarsi metodi di benchmarking con le altre regioni?»

Il petrolio però, almeno sulla terraferma, si estrae soltanto in Basilicata.

«Vero, ma la nascita dell’Eni negli anni ‘50 è avvenuta sfruttando i giacimenti di metano in Pianura Padana. Ora si sono esauriti e per fortuna ci sono quelli della Basilicata. Bisognerebbe provare a recuperare la mentalità dell’epoca».

Dal “big bang” renziano all’epopea del boom economico?

«Non ho difficoltà ad ammettere di aver sostenuto Renzi alle primarie. Mi sembra finalmente qualcuno capace di dare uno scombussolamento generale alla palude italiana. Tutti i giorni parliamo della necessità di fare investimenti, creare lavoro eccetera. Poi però non viene fatto nulla. Potrei parlare di una decina di situazioni diverse paralizzate. Spesso il problema sono le lungaggini burocratiche. Ma c’è anche dell’altro. Fossimo un paese ricco che se lo può permettere lo capirei. Prendiamo invece la Basilicata. Io la conosco bene perché nel 1981 me ne innamorai e comprai una casa a Terranova. Di recente ho sentito un esponente dei comitati contro le trivelle che diceva: “Preferiamo essere poveri che dipendere da petrolio”. Ora la Basilicata è una terra che ha bisogno di investimenti enormi. Sempre a meno che tutti non stiano bene e non me ne sono reso conto. Se è così mi rimangio quello che ho detto. Intanto vorrei solo far notare che Obama si è presentato come un ambientalista agli americani e sotto la sua presidenza gli Stati Uniti stanno raggiungendo l’indipendenza economica da petrolio e gas. Qui invece si insiste con dei comportamenti al limite dell’autolesionismo. Le risulta che Ortona abbia un fatturato pro capite turistico paragonabile a quello di Rimini, Riccione o Cattolica dove le piattaforme a largo della costa ci sono già? Se si ripete che è Ombrina a rovinare il turismo qualcuno alla fine ci crederà, come sta succedendo in Campania nella Terra dei fuochi. Allora in Basilicata che bisogno c’è di costruire una contrapposizione fasulla tra le risorse esistenti e le estrazioni? Mi ricordo ancora un caso pazzesco di quand’ero ancora presidente dell’Enel nel 2002. Dovevamo chiudere l’impianto del Mercure, e per evitarlo ci siamo inventati la centrale a biomasse. Di recente sono tornato a Terranova e mi hanno detto che creava problemi al Parco. Ma che problemi può creare al Parco?»

Lo vede che senza le regioni le questioni rimangono le stesse?

«Infatti io mi auguro che la riforma del Titolo V sia solo l’inizio. Sono per istituire poteri sostitutivi ad ogni livello. Anche a quello dei sindaci che devono rilasciare le concessioni edilizie. Per Ombrina abbiamo chiesto al Tar la nomina di un commissario ad acta del Ministro, dato che Orlando non firma. L’impressione in Italia è che qualsiasi cosa voglia fare un cittadino dipenda sempre dalla benevolenza di un politico. Come presidente di Assoelettrica seguo i lavori parlamentari. Stanno introducendo la valutazione preventiva di impatto sanitario. Ma ci rendiamo conto? E’ come se mettendosi in auto ogni mattina uno debba pensare agli effetti sulla salute che avranno le emissioni dal tubo di scappamento».

Sarà un effetto del caso Ilva?  

«Quella è una fabbrica che chiuderà e non ce ne saremo nemmeno accorti. Non si trova più nessuno che si assuma la responsabilità di farla andare avanti. La verità è che questo è un paese da demolire e da ricostruire per intero. Renzi per fortuna è uno che parla chiaro, e rompe i luoghi comuni. Si vedrà se riuscirà anche a cambiare davvero le cose».  

l.amato@luedi.it

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE