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POTENZA – Il convoglio era almeno cinque volte il peso consentito. I freni scarichi e lo scambio già inserito. Lavorava per due Donato Romaniello quella mattina di agosto del 2008 che nessuno è riuscito a dimenticare. Il collega che doveva assisterlo alla guida non si era presentato.
Partito dai binari della stazione di Potenza centrale il treno aveva preso velocità in discesa: dieci vagoni carichi di rottami per 649 tonnellate contro un vecchio locomotore di appena 30. Un automobilista, che si trovava a passare per caso all’altezza dell’incrocio tra viale del Basento e i binari che finiscono all’interno della vecchia ferriera, sarebbe stato il primo a saggiare la potenza di quel mostro impazzito. Se l’è cavata con un grosso spavento e un «trauma cervicale e lombosacrale distrattivo» giudicato guaribile in dieci giorni.
Quando ha capito che non c’era più nulla da fare, per salvarsi la vita Romaniello si è lanciato dalla cabina in corsa. Cadendo si sarebbe fratturato una falange.
Alla Sider, nel frattempo, tutto procedeva come se niente fosse. Un giovane operaio, Giuseppe Santoro, 37 anni, manovrava con un piccolo locomotore nel piazzale. Non avrebbe fatto in tempo a mettersi in salvo e nell’urto sarebbe stato trascinato per cinquanta metri restando esanime sull’asfalto.
La procura ha appena deciso che in quindici dovranno comparire davanti al giudice per le indagini preliminari per la sua morte, e se il processo andrà a buon fine pioveranno delle condanne molto pesanti.
Dopo due anni d’indagini complesse il pm Annagloria Piccininni ha chiesto il rinvio a giudizio per Romaniello, e i responsabili locali e nazionali di “Rfi Spa”, Rete ferroviaria italiana del gruppo Ferrovie dello Stato.
Al banco degli imputati il prossimo 6 luglio finirà l’ex direttore generale, Pasquale Borelli, che oggi fa il consulente di importanti società ferroviarie straniere, e all’epoca dei fatti era il responsabile della Direzione infrastruttura di Rfi. Con lui ci saranno anche il responsabile della Direzione compartimentale movimento, Claudio Ciarmatori, e il responsabile dell’Istituto sperimentale di Rfi, all’epoca direttore di Rfi – Cesifer (Certificazione sicurezza imprese ferroviarie), Alvaro Fumi, già coinvolto nell’inchiesta per il disastro di Viareggio.
Per Trenitalia, che è il vettore sempre del gruppo Ferrovie dello Stato, è imputato il direttore di produzione in carica della Divisione linee operative cargo, Fausto Del Rosso. Alla sbarra ci sarà anche il capo dello stabilimento Sider – Ferriere Nord, del Gruppo Pittini, Giuseppe Castellano, e l’allora commissario del Consorzio per lo sviluppo industriale di Potenza, Ernesto Navazio (in foto).
Per Navazio, Castellano e Ciarmatori il capo d’imputazione è lo stesso: disastro, omicidio e lesioni colpose. Come per quasi tutti gli altri. Loro in particolare avrebbero omesso di «valutare tutti i rischi, compresi quelli da interferenza» – è proprio il caso di specie, ndr – e di predisporre un piano di sicurezza coordinato tra proprietari e gestori della tratta ferroviaria che va dalla stazione di Potenza allo stabilimento industriale.
«Un antecedente causale necessario al verificarsi del grave disastro ferroviario», scrive il pm Piccininni, che più avanti parla di «una situazione di pericolo costante per la pubblica incolumità diretta a cagionare» quanto sarebbe successo l’8 agosto del 2008, e per questo accusa di disastro colposo anche i responsabili locali del movimento dei convogli di Rfi.
Una lunga catena di errori, che potrebbe trasformarsi in alcune gravi responsabilità.

Leo Amato

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