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«OGNUNO faccia la sua parte». Don Marcello Cozzi parte dalla relazione della Dia per lanciare il suo appello, ricordando prima di tutto che «non ci sono zone franche rispetto all’aggressione mafiosa». Il vicepresidente di Libera prende spunto dalle considerazioni dell’antimafia ricordando che «l’attuale reclusione degli elementi apicali dei clan lucani non ci autorizza ad accomodarci sugli allori». Insomma c’è bisogno di una sorta di “rinascita” dell’antimafia in Basilicata, partendo dalla consapevolezza che la Lucania è un territorio di conquista. E in questo territorio bisogna restare «vigili».
«Noi, “benevita organizzata” – scrive Cozzi – continueremo ad essere vigili: dal melfese al metapontino, dal lagonegrese al materano, continueremo a non fare sconti ai Martorano, ai Basilischi, ai Riviezzi, agli Scarcia, ai Mitidieri-Lopatriello, ai Zito-D’Elia, ai Cassotta, ai Martucci (gruppi che a dire il vero non ci sembrano così tanto disarticolati). E siamo certi che anche magistratura e forze dell’ordine continueranno ad essere per questi signori come fiato sul collo».
E, appunto, non dimenticare «che lo dobbiamo solamente a loro se questa regione non ha conosciuto i volti più tragici e devastanti della violenza mafiosa. Ma non è sufficiente». Cozzi, ancora una volta, se la prende con la politica e le istituzioni e in un certo senso anche con la procura di Matera in relazione alla questione del centro Itrec Trisaia di Rotondella. Ed è rivolto proprio a quei magistrati l’attacco frontale del vicepresidente di Libera.
«Occorre – scrive Cozzi – che qualche alto ufficio romano chieda ad autorevoli esponenti della Procura di Matera sulla base di cosa licenziano come semplici “chiacchiere da comari” ciò che da anni non convince su ciò che ruota intorno al centro nucleare della Trisaia di Rotondella, dimenticando sentenze giudiziarie che nel passato pure ci sono state; o che, più semplicemente si chieda a certi uffici della stessa Procura – come fa da anni la Direzione Nazionale Antimafia – perché non collabora con la Dda di Potenza; o se davvero ci sono in quegli stessi uffici, come affermato in una recente interrogazione parlamentare, dei “fascicoli dormienti”».
Insomma Cozzi avanza sospetti che qualcosa all’interno della procura non si muova per il verso giusto anche sul piano nazionale con l’idea di smantellare la corte di Appello di Potenza. E lo ribadisce.
«Occorre – continua – che quanti hanno responsabilità politiche e ci rappresentano nei Palazzi romani, facciano di tutto per evitare che si proceda allo smantellamento della Corte di Appello di Potenza, per scongiurare lo scempio che inevitabilmente, e a cascata, ne conseguirà sul controllo e sulla reale e immediata conoscenza delle dinamiche criminali di questa regione.
Non vorremmo, insomma, che mentre da un lato si grida al lupo guardando le mani sporche della criminalità, dall’altro lato si depotenzia qualunque possibile strategia per arginarla o, peggio ancora, nulla si fa per far luce su quelle zone grigie, che anche in Basilicata come nel resto d’Italia, anche solo per meri calcoli politici o interessi di poltrone, e non necessariamente per connivenze dirette, hanno rappresentato terreno fertile per la criminalità, la corruzione e qualunque tipo di malaffare».

v.panettieri@luedi.it

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