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CASERTA – Continua a sostenere di non sapere chi abbia ucciso la moglie Elisabetta e la figlia Maria, e come mai fossero interrati in un’intercapedine della sua villa a Baia Verde, Domenico Belmonte, 72 anni, l’ex direttore sanitario del carcere di Napoli arrestato due giorni fa con l’accusa di duplice omicidio e occultamento di cadavere. Le due donne catanzaresi erano scopmparse dal 2004, ma Belmonte si era rifiutato di presentare denuncia, insistendo per un allontanamento volontario. Le indagini erano scattate solo dopo che il fratello di Elisabetta, da Catanzaro, si era rivolto ai carabinieri.

E per Belmonte sono scattate le manette mentre il genero è indagato. Nell’interrogatorio di garanzia, durato circa un’ora e mezzo davanti al gip Caramico d’Auria e assistito dal suo legale Rocco Trombetti, Belmonte ha reso sostanzialmente le stesse dichiarazioni rilasciate agli investigatori nella lunga notte che ha preceduto il suo arresto: «Non mi sono mai accorto dei corpi, ero convinto che fossero andate via, non ho mai denunciato la scomparsa per vergogna». Il gip è in camera di consiglio e si è riservato di decidere sulla conferma del fermo di polizia giudiziaria.

In un’intervista concessa al Quotidiano, il fratello di Domenico Belmonte, Nino, racconta: «Ho scritto una lettera a Mimmo perché credo che debba dire la verità».

LEGGI L’INTERVISTA INTEGRALE A NINO BELMONTE

Interviene anche  l’avvocato Nunzio Raimondi avvocato di Lorenzo Grande, fratello di Elisabetta: «Prendo atto della convalida del fermo nei confronti del Belmonte» ha commentato la decisione di lasciare in carcere Belmonte.   «L’indagine – ha proseguito Raimondi – ha mosso i suoi primi passi dopo la denuncia televisiva in una nota trasmissione di RaiTre del fratello e zio delle due donne, Lorenzo Grande. Questo medico, che ha vissuto per anni con questo tormento interiore in assoluta riservatezza, dopo aver denunciato alle competenti autorità la scomparsa dei suoi congiunti, non ha avuto alcun riscontro fino a quando i media non hanno sollevato il caso». L’avvocato però chiede ora riserbo. «Purtroppo in questi ultimi giorni il mio assistito è stato costretto non solo a subire l’impatto psicologico di questa macabra scoperta ma a confrontarsi con un inaudito impatto mediatico. Ora, con l’intervento della magistratura che ha portato prima al fermo e poi alla cattura di uno degli indagati, riteniamo che servano rispetto e riserbo».   «Attendiamo – ha concluso l’avv. Raimondi – fiduciosi la conclusione delle indagini, ed anche dell’incidente cautelare nelle sue varie fasi, e solo al loro esito ci determineremo in conseguenza»

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