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COSENZA – L’omicidio dell’imprenditore Mario Dodaro va inserito in un contesto mafioso. Non ci sono però gli elementi per dimostrare l’accusa nei confronti della nuova persona ritenuta responsabile del delitto, risalente al 18 dicembre del 1982 (LEGGI LA RICOSTRUZIONE DELL’OMICIDIO). Da qui l’archiviazione, che arriva proprio a ridosso del trentunesimo anniversario della tragica morte. Il decreto di archiviazione è stato firmato dal gip Pietro Scuteri, del tribunale di Catanzaro, su richiesta dello stesso pm della Dda Pierpaolo Bruni. 

Alla decisione di Catanzaro si è giunti dopo sette mesi di indagini, che Bruni aveva affidato alla Squadra Mobile di Cosenza anche a seguito delle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Roberto Pagano. 
Le investigazioni si sono concentrate su un cosentino di 51 anni, con precedenti per droga, che Pagano aveva chiamato in causa insieme a un’altra persona, un noto pregiudicato da qualche anno morto in carcere. In precedenza la stessa Dda aveva inviato gli atti a Cosenza ipotizzando l’omicidio successivo a un tentativo di rapina. Cosenza, nelle persone del procuratore capo Dario Granieri e del pm Donato Donato, li rispedì però al mittente, in quanto a loro detta l’episodio sarebbe invece maturato in un contesto mafioso. 
I clan, cioè, organizzarono quella rapina perchè Dodaro si era fermamente opposto a una precedente richiesta di denaro. E su questa ipotesi Bruni ha riaperto il fascicolo, inserendo appunto le dichiarazioni di Roberto Pagano. Ci sono quelle rilasciate l’11 dicembre del 2008, presso la Corte di Assise di Cosenza, nel corso del processo “Missing”. Soffermandosi sull’omicidio di Alfredo Andretti, avvenuto negli anni Ottanta, disse che fu elimininato perchè in autonomia, e senza il consenso dei boss, si rese responsabile della tragica rapina a Dodaro, alla quale avrebbero partecipato il noto pregiudicato (poi morto in galera per suicidio) e il cosentino, la cui posizione è stata archiviata in questi giorni. Un anno dopo lo stesso Pagano ha aggiunto che la rapina era stata commessa su incarico del cosentino Antonio Musacco «per punirlo di essersi rifiutato di aderire a una richiesta estorsiva celata dietro la vendita di cestini natalizi». 
Ebbene, Musacco per questa vicenda è stato già giudicato e assolto insieme ad altre tre persone. Restava il cosentino: «Allo stato, in assenza di riscontri estrinseci e individualizzanti, scaturisce – ha però scritto il pm Bruni nella sua recente richiesta di archiviazione – una situazione di incertezza in ordine alla sua responsabilità». Ucciso per essersi opposto al pizzo. Trentuno anni dopo a responsabilità degli esecutori è ancora incerta.
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