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MILANO, 28 OTT – E’ stata una spietata esecuzione. E’ questa la prima certezza degli investigatori impegnati a ricostruire le ultime ore di vita di Paolo Simone ed Emanuele Tatone, uccisi ieri mattina in un campo della periferia milanese, a Quarto Oggiaro. 
Gli uomini della Squadra mobile stanno ascoltando i familiari (la compagna di Paolo Simone e la madre di Tatone, Rosa Femiano, conosciuta alle cronache come ‘nonna eroinà), residenti del quartiere, amici e conoscenti che li vedevano spesso insieme nei bar della zona. Una frequentazione assidua, tanto da far pensare che Simone fosse ormai l’autista-accompagnatore di Tatone, e che forse è morto proprio per questo, lui che non era certo un criminale di spessore. Chi ha teso l’agguato lo ha fatto forse per colpire l’obiettivo più debole della famiglia Tatone (Emanuele era tossicodipendente, gravemente malato ed era stato sfrattato 6 mesi fa da un appartamento abusivo in via Pascarella e da allora, appunto, viveva dalla madre).
Nei bar e nei cortili delle case popolari non si parla d’altro, e tra i timori di una nuova faida si sussurra il nome di un clan calabrese della vicina Bruzzano, che avrebbe messo gli occhi sulla ‘piazza di spacciò di Quarto Oggiaro sin dal 2009, quando la polizia ha messo ko la famiglia Tatone con una serie di arresti.
Gli investigatori hanno a disposizione anche i telefoni cellulari delle 2 vittime, i cui tabulati telefonici saranno certamente analizzati dalla Scientifica per vedere quali siano stati gli ultimi loro contatti.
Sul fronte della dinamica del duplice delitto, invece, non appare ancora chiaro se i due sono stati attirati in un agguato o se siano stati uccisi nel corso di una lite. Di certo sono stati ammazzati sul posto, forse mentre tentavano di sottrarsi ai colpi dei loro killer. Entrambi presentano due fori da colpo di arma da fuoco al capo (Simone uno alla gola, frontalmente) e la polizia ha repertato per ora due ogive, mentre ha confermato di non aver trovato bossoli. L’assassinio dovrebbe risalire intorno alle 12:30: quando un sessantenne, che era nel suo orto, ha sentito “otto-nove colpi in rapida successione” ha pensato che si trattasse di “spari di cacciatori” avendo subito dopo notato degli uccelli in volo. In Questura è stato anche precisato che a dare l’allarme è stato il titolare di un fondo agricolo, un ottantenne che è passato con la sua auto nella strada interpoderale e quando ha visto l’auto ferma e il primo cadavere, intorno alle 13:30, è andato subito in Commissariato. ”Ho visto un uomo morto agli orti – avrebbe detto – un uomo a terra, di schiena, con il sangue dalla bocca”. Poco oltre il ciglio, una decina di metri dopo, in un piccolo boschetto fra due appezzamenti, fra le frasche e una specie di discarica abusiva di immondizia, c’era il corpo di Tatone coperto di sangue. Nei pressi, stamani, è stato anche trovato da un fotografo il caricatore vuoto di un’arma semiautomatica, forse abbandonato da tempo, sul quale ora verranno compiuti accertamenti.

E’ STATA una spietata esecuzione. E’ questa la prima certezza degli investigatori impegnati a ricostruire le ultime ore di vita di Paolo Simone ed Emanuele Tatone, uccisi ieri mattina in un campo della periferia milanese, a Quarto Oggiaro. E per il delitto c’è una pista che porta in Calabria. Gli uomini della Squadra mobile stanno ascoltando i familiari (la compagna di Paolo Simone e la madre di Tatone, Rosa Femiano, conosciuta alle cronache come “nonna eroina”), residenti del quartiere, amici e conoscenti che li vedevano spesso insieme nei bar della zona. Una frequentazione assidua, tanto da far pensare che Simone fosse ormai l’autista-accompagnatore di Tatone, e che forse è morto proprio per questo, lui che non era certo un criminale di spessore. 

Chi ha teso l’agguato lo ha fatto forse per colpire l’obiettivo più debole della famiglia Tatone (Emanuele era tossicodipendente, gravemente malato ed era stato sfrattato 6 mesi fa da un appartamento abusivo in via Pascarella e da allora, appunto, viveva dalla madre). Nei bar e nei cortili delle case popolari non si parla d’altro, e tra i timori di una nuova faida si sussurra il nome di un clan calabrese della vicina Bruzzano, che avrebbe messo gli occhi sulla “piazza di spaccio” di Quarto Oggiaro sin dal 2009, quando la polizia ha messo ko la famiglia Tatone con una serie di arresti.

Gli investigatori hanno a disposizione anche i telefoni cellulari delle 2 vittime, i cui tabulati telefonici saranno certamente analizzati dalla Scientifica per vedere quali siano stati gli ultimi loro contatti.Sul fronte della dinamica del duplice delitto, invece, non appare ancora chiaro se i due sono stati attirati in un agguato o se siano stati uccisi nel corso di una lite. Di certo sono stati ammazzati sul posto, forse mentre tentavano di sottrarsi ai colpi dei loro killer. Entrambi presentano due fori da colpo di arma da fuoco al capo (Simone uno alla gola, frontalmente) e la polizia ha repertato per ora due ogive, mentre ha confermato di non aver trovato bossoli. L’assassinio dovrebbe risalire intorno alle 12:30: quando un sessantenne, che era nel suo orto, ha sentito “otto-nove colpi in rapida successione” ha pensato che si trattasse di “spari di cacciatori” avendo subito dopo notato degli uccelli in volo.

In Questura è stato anche precisato che a dare l’allarme è stato il titolare di un fondo agricolo, un ottantenne che è passato con la sua auto nella strada interpoderale e quando ha visto l’auto ferma e il primo cadavere, intorno alle 13:30, è andato subito in Commissariato. ”Ho visto un uomo morto agli orti – avrebbe detto – un uomo a terra, di schiena, con il sangue dalla bocca”. Poco oltre il ciglio, una decina di metri dopo, in un piccolo boschetto fra due appezzamenti, fra le frasche e una specie di discarica abusiva di immondizia, c’era il corpo di Tatone coperto di sangue. Nei pressi, stamani, è stato anche trovato da un fotografo il caricatore vuoto di un’arma semiautomatica, forse abbandonato da tempo, sul quale ora verranno compiuti accertamenti.

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