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AI PRIMI quattro posti della hit della illegalità ambientale in Italia nel 2011 si confermano le quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa, con la Calabria seconda solo alla Campania. Nel dettaglio, in Campania sono state registrate 5.327 infrazioni, in Calabria 3.892, in Sicilia 3.552 e in Puglia 3.345. È uno dei dati emersi dal rapporto di Legambiente «Ecomafia 2012» presentato stamane. In queste quattro regioni si concentra poco meno della metà (il 47,7%) del totale dei reati ambientali scoperti. Al quinto posto il Lazio (2.463 infrazioni), seguito da Sardegna (2.192), Toscana (2.187), Lombardia (1.607, la prima del nord), Liguria (1.464) e Abruzzo (1.054). La Campania guida anche la classifica degli arresti (97), davanti a Puglia (57), Calabria (42), Sardegna (23) e Sicilia (20); sempre in Campania c’è il più elevato numero di denunce (4.234) contro 2.971 in Puglia, 2.842 in Sicilia, 2.561 in Calabria e e 2.008 in Sardegna. Nella hit dei sequestri effettuati il primo posto è occupato invece dalla Puglia (1.281), che precede Campania (1.234), Calabria (980), Sicilia (900) e Toscana (678).

 

Secondo i dati, nel 2011 nel nostro Paese sono stati scoperti 33.817 reati ambientali, quasi 93 al giorno, il 9,7% in più rispetto al 2010. Si tratta di un business illecito dalle cifre incredibili (16,6 miliardi di euro il fatturato dell’ultimo anno, 300 negli ultimi venti), contrastato con impegno dalle forze dell’ordine che nel solo 2011 hanno effettuato 8.765 sequestri, 305 arresti (il 48,8% in più dell’anno precedente), con 27.969 persone denunciate (il 7,8% in più). Secondo Legambiente ci si trova in presenza di un «quotidiano», «smisurato attacco» al Belpaese e al suo patrimonio ambientale, paesaggistico, culturale e artistico portato avanti da ecocriminali e ecomafiosi che «saccheggiano e distruggono il territorio mettendo in pericolo la salute dei cittadini e il futuro dell’Italia». 

LE PROVINCE. E sono ben tre le province calabresi tra le prime dieci: al terzo posto il territorio di Cosenza (il 4,6% delle infrazioni accertate con 1.543 casi), al sesto Reggio Calabria (2,8%, 956 infrazioni) e al decimo Crotone (2,0%, 675 infrazioni). Un quadro che conferma l’allarme lanciato da Legambiente Calabria nel corso della recente audizione alla Commissione regionale antimafia guidata dal presidente Salvatore Magarò. 

«Il dossier Ecomafia 2012 – commenta il presidente di Legambiente Calabria, Francesco Falcone – conferma le denunce degli ambientalisti e legittima sempre più all’operato delle forze dell’ordine e della magistratura. Occorre reagire, creare sinergie tra gli attori istituzionali e non, tra la politica e l’associazionismo, per riconquistare i territori a una sana gestione pubblica orientata al bene comune».

I REATI – Lo scorso anno sono aumentati gli incendi boschivi, che hanno devastato oltre 60mila ettari di boschi; i reati contro la fauna (commercio di specie protette, commercio illegale di pelli pregiate, bracconaggio, combattimenti tra cani, corse ippiche clandestine e macellazione clandestina) sono cresciuti del 28%, con ben 7.494 infrazioni; il patrimonio storico, artistico e archeologico ha subito un vero assalto con furti aumentati del 13,1%. Contro la filiera agroalimentare sono stati accertati 13.867 reati, più del triplo rispetto al 2010. I sequestri sono stati pari a 1,2 miliardi di euro (+50%) con un danno erariale di oltre 113 milioni. In lieve flessione (ma con numeri sempre straordinari soprattutto se confrontati col business legale), i reati nel ciclo dei rifiuti e del cemento. Nel primo caso, sono 5.284 i reati scoperti e 5.830 le persone denunciate: aumentano i traffici illeciti internazionali mentre i rifiuti gestiti illegalmente e sequestrati si sono attestati sulle 346mila tonnellate, come se 13.848 enormi tir si snodassero in una fila lunga più di 188 chilometri. Le inchieste sui traffici organizzati dei rifiuti dalla data della prima applicazione del delitto (2006) a oggi sono 199, con ben 1.229 persone sottoposte a ordinanza di custodia cautelare, 3.654 denunciati e 676 aziende coinvolte in tutte le regioni, Val d’Aosta esclusa.

 

INFILTRAZIONI NEI COMUNI – Dati alla mano, le ecomafie si diffondono in tutto il Paese e non mancano i comuni sciolti per mafia anche al nord come Bordighera e Ventimiglia in provincia di Imperia, Leinì e Rivarolo in provincia di Torino, come pure i coinvolgimenti dei cosiddetti «colletti bianchi», «soggetti dalla fedina penale pulita, con ruoli nelle pubbliche amministrazioni e in grado di gestire a fini illegali i loro canali burocratico-amministrativi». Quest’anno sono già 18 le amministrazioni comunali sciolte per infiltrazione mafiosa e commissariate (per reati spesso legati al ciclo del cemento): lo scorso anno erano state sei. A lanciare l’allarme è «Ecomafia 2012», il rapporto annuale di Legambiente sulle storie e i numeri della criminalità ambientale (prefazione di Roberto Saviano). Si tratta di «un numero altissimo – denuncia l’associazione – superiore anche al periodo buio degli anni ’90, che testimonia questa inesorabile tendenza alla pervasività della criminalità organizzata che sempre più s’infiltra nei circuiti economici e imprenditoriali legali». 

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