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Niente sarà come prima. L’Italia si spaccherà politicamente in due. Da una parte il Nord, Renzi. Dall’altra il Sud, Grillo. Di là l’Italia governativa, di qua quella movimentista. Ma davvero andrà così?  Ci ritroveremo, all’indomani del voto, come scrive Elisabetta Gualmini (ieri, sulla Stampa), “un  Meridione di lotta e un Settentrione di governo”? La politologa emiliana non ha dubbi: tutti i segnali vanno in questa direzione. E snocciola, nel suo editoriale sul quotidiano torinese, le ragioni che, nel Mezzogiorno, “potrebbero favorire  una slavina del nuovo Masaniello” e “la sua rivolta contro uno Stato che nel Sud, parole di Grillo, non si è mai visto”.

Del resto, che le cose stiano così non è soltanto la docente di Scienze politiche all’Università di Bologna a sostenerlo.

Lo si rileva anche dai sondaggi che, nonostante il divieto di pubblicazione, continuano a circolare in rete e nei passaparola. “Gli ultimi dati disponibili in vista delle europee – conferma la Gualmini – registrano un’avanzata di Grillo nel Sud e, quasi parallelamente, un incremento di consensi per Renzi nel Nord”.

Lo si deduce, infine, dall’accelerazione che il premier ha impresso alla campagna elettorale nel Mezzogiorno (anche per le difficoltà in cui sembra trovarsi la capolista, Pina Picierno, invisa a una parte del Pd). Ed è sintomatico che, ospite del Mattino, il premier – come racconta il giornalista Marco Esposito – abbia riconosciuto che “le due Sicilie avevano punti di forza industriali”, e si sia spinto a dire che “se il Sud un tempo è stato ricco e prospero, ebbene può tornare a farcela”. Non siamo al “se fossi stato napoletano avrei fischiato anch’io l’inno d’Italia”, urlato da Grillo nel suo comizio alla Sanità, ma poco ci manca. Detto per inciso, la sortita del premier nella sede di via del Chiatamone ha avuto, come effetto collaterale, la reazione (“livore che trasuda” la definisce Esposito) del Corriere del Mezzogiorno, secondo il quale – parole di Adolfo Scotto di Luzio – “il mito sudista, per decenni confinato in fetidi sottoscala della cultura, ha evidentemente contagiato il premier Renzi”.

Ma torniamo alla Gualmini. Perché, a giudizio della politologa, Grillo può stravincere al Sud? Per tre ragioni. Prima di tutto per l’assenza di quella politica “centrista e filogovernativa che da sempre ha raccolto e incanalato i consensi meridionali”, in ragione del fatto che “i partiti che gestivano il potere erano in grado di assicurare, più di quelli all’opposizione, benefici di varia natura”. Il secondo motivo di successo è la crescita dell’astensionismo “soprattutto nei piccoli comuni, in cui le strutture dei partiti hanno ceduto”; a farne le spese, osserva la politologa, sarà soprattutto “l’area elettorale dei partiti di sistema”. La terza ragione risiede nel fatto che quello meridionale è un elettorato “che fluttua, disponibile a muoversi a seconda dell’offerta politica”; ed è pragmatico, privo di un collante ideologico: dunque pronto “a rincorrere la forza che appare vincente o a simpatizzare per chi fa la voce più grossa contro il potere”. E tutto cio senza tener conto di una crisi economica devastante in un Sud che non sa che farsene degli 80 euro di bonus promessi da Renzi, visto che “il mercato del lavoro è in gran parte irregolare o sommerso” (e anche da questo punto di vista si capisce che il reddito di cittadinanza per tutti, di cui parla Grillo, ha tutto un altro appeal).

Lo dicono i sondaggi, lo prevede la politologa e lo avverte anche uno studioso “dalla parte del Sud” come Pino Aprile, giornalista e autore di libri (il più famoso, “Terroni”) nei quali si tenta di dimostrare che il Mezzogiorno paga ancora lo scotto di un’Unità imposta con la forza dal Sabaudo. “La rabbia del Mezzogiorno – ha affermato in un’intervista al Corriere del Mezzogiorno – prenderà più direzioni. Ma sarà Grillo ad intercettare la parte più rilevante doi questo dissenso”. Il motivo? “La mancanza di un collante ideologico – spiega Aprile – fa sì che a unire la protesta sia soltanto il fatto di ritrovarsi sullo stesso fronte discriminato. Ed è questo che porta vantaggio al Movimento 5 Stelle”. Il tutto a prescindere dalle ragioni di Grillo. “Il problema  non è se sei d’accordo con lui, o condividi le sue idee – afferma il giornalista -. Il fatto è che sono gli altri a demeritare la fiducia degli elettori”.

 

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