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PRAIA A MARE – Era una sfida, ma anche una speranza. Non è andato a vuoto l’appello del Comitato per l’ospedale di Praia a Mare lanciato con una mira da fare invidia anche ai più abili assessori alla Sanità.
La struttura dell’alto Tirreno cosentino stava per diventare un ambulatorio, ultimamente ha ripreso quota con la lungodegenza e la diagnostica, per ora sulla carta. Ma il pronto soccorso era ed è il punto debole della catena, perché scarsamente equipaggiato, senza rianimatore e non pronto a ricevere particolari urgenze. L’ospedale più vicino, è bene precisarlo dista più di trenta chilometri sull’unica arteria percorribile. Una striscia d’asfalto che troppo spesso non è servita a salvare vite umane. 
Gino Strada, responsabile di Emergency, non è rimasto sordo all’appello del Comitato. «Accerteremo se il bisogno è reale. Ma serve che la Regione Calabria ci autorizzi a intervenire. Potremmo creare un ospedale dove nessuno paga il ticket. E restituire il 30% dei rimborsi, che in genere sparisce». Era questa la base dell’idea che aveva fatto illuminare il Comitato cittadino per l’ospedale. Quando Gino Strada aveva dichiarato di essere pronto a gestire un pronto soccorso, il gruppo cittadino di Praia a Mare non ha avuto dubbi. 
L’area dell’alto Tirreno soffre pesantemente l’assenza di una struttura che possa soddisfare le emrgenze. Sarebbe superfluo ricordare i “caduti della sanità”. Eppure il “si può fare” di Gino strada arriva dal Sudan. Un “si può fare” che ovviamente non è da mettere in relazione alle professionalità che operano nella struttura, ma che dovrà confrontarsi in gran parte con la burocrazia e, talvolta, con le scelte politiche. Gino Strada, abituato all’azione, ha già fatto sapere che qualcuno dell’Ufficio umanitario di Emergency arriverà a Praia a Mare per constatare di persona i bisogni e la situazione. «Senza un’autorizzazione della Regione non si può fare nulla, anche da un punto di vista legale. 
Se ci fosse questa disponibilità e verificati i bisogni, certamente. Emergency interviene in molte parti d’Italia, non c’è ragione per cui non dobbiamo dare una mano lì se il nostro lavoro serve».

PRAIA A MARE (CS) – Era una sfida, ma anche una speranza. Non è andato a vuoto l’appello del Comitato per l’ospedale di Praia a Mare lanciato con una mira da fare invidia anche ai più abili assessori alla Sanità. La struttura dell’alto Tirreno cosentino stava per diventare un ambulatorio, ultimamente ha ripreso quota con la lungodegenza e la diagnostica, per ora sulla carta. Ma il pronto soccorso era ed è il punto debole della catena, perché scarsamente equipaggiato, senza rianimatore e non pronto a ricevere particolari urgenze. L’ospedale più vicino, è bene precisarlo dista più di trenta chilometri sull’unica arteria percorribile. Una striscia d’asfalto che troppo spesso non è servita a salvare vite umane. 

 

Gino Strada, responsabile di Emergency, non è rimasto sordo all’appello del Comitato. «Accerteremo se il bisogno è reale. Ma serve che la Regione Calabria ci autorizzi a intervenire. Potremmo creare un ospedale dove nessuno paga il ticket. E restituire il 30% dei rimborsi, che in genere sparisce». Era questa la base dell’idea che aveva fatto illuminare il Comitato cittadino per l’ospedale. Quando Gino Strada aveva dichiarato di essere pronto a gestire un pronto soccorso, il gruppo cittadino di Praia a Mare non ha avuto dubbi. L’area dell’alto Tirreno soffre pesantemente l’assenza di una struttura che possa soddisfare le emrgenze. Sarebbe superfluo ricordare i “caduti della sanità”. Eppure il “si può fare” di Gino strada arriva dal Sudan. Un “si può fare” che ovviamente non è da mettere in relazione alle professionalità che operano nella struttura, ma che dovrà confrontarsi in gran parte con la burocrazia e, talvolta, con le scelte politiche. 

Gino Strada, abituato all’azione, ha già fatto sapere che qualcuno dell’Ufficio umanitario di Emergency arriverà a Praia a Mare per constatare di persona i bisogni e la situazione. «Senza un’autorizzazione della Regione non si può fare nulla, anche da un punto di vista legale. Se ci fosse questa disponibilità e verificati i bisogni, certamente. Emergency interviene in molte parti d’Italia, non c’è ragione per cui non dobbiamo dare una mano lì se il nostro lavoro serve».

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