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Domenico Richichi e Simone Lo Piccolo, funzionari dell’Ufficio del “Commissario delegato per il superamento della situazione di emergenza nel settore dei rifiuti urbani nel territorio della Regione Calabria” (il primo anche responsabile unico del procedimento della gestione impianto tecnologico Rsu-Alli Catanzaro), potrebbero inquinare le prove e commettere altri reati analoghi. Ne è convinta il gip, Abigail Mellace, che, nell’accogliere in toto la richiesta avanzata in tal senso dal sostituto procuratore, Carlo Villani, ieri mattina ha spedito i finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Catanzaro, al comando di Fabio Canziani, a bussare alla porta dell’Ufficio del commissario per notificare un provvedimento di misura cautelare interdittiva della sospensione dell’esercizio del pubblico ufficio sia a Rechichi che a Lo Piccolo, peraltro senza data di scadenza.
Si salva invece Graziano Melandri, il quale, nel corso dell’interrogatorio propedeutico dello scorso 21 novembre, aveva comunicato di aver rimesso il mandato di commissario, facendo così venire meno il presupposto della richiesta che lo stesso pm ha poi revocato, inducendo, di conseguenza, il giudice Mellace a disporre il “non luogo a provvedere”. Sulla scena restavano, quindi, Lo Piccolo e Rechichi (in foto con Melandri), con il primo che “continuava ad assecondare le pretese e le richieste di Stefano Gavioli”, l’imprenditore di Venezia titolare della società “Enertech” (subentrata ad “Enerambiente” nella gestione della discarica di Alli), mentre il secondo “nessuna concreta iniziativa assumeva per far cessare lo scempio ambientale che da anni si stava commettendo ai danni del nostro territorio”. Così scrive il gip nel suo provvedimento, non ritenendo poi superfluo ricordare che “l’impianto tecnologico per il trattamento e smaltimento dei rifiuti solidi urbani, sito in contrada Alli del comune di Catanzaro, è stato gestito per moltissimi anni in modo gravemente illecito, in violazione di norme di legge poste a tutela di beni costituzionalmente garantiti e con grave pregiudizio per l’ambiente e la salute pubblica”.
Ma questo è un altro aspetto della complessa vicenda, che ha portato anche i carabinieri del Noe a porre sotto sequestro, lo scorso mese di ottobre, la discarica di Alli, dopo avere seguito le tracce del percolato finito a mare. “Pecunia non olet 2”, il nome in codice dato all’operazione, che si è completata ieri con la notifica del provvedimento di interdizione ad opera dei militari del colonnello Fabio Bianco, emesso al termine degli accertamenti che, coordinati dal tenente Eleonora Torrisi, hanno verificato con esattezza i numeri della maxi evasione fiscale da decine di milioni di euro, che ha travolto pesantemente l’intero Ufficio del commissario per l’emergenza ambentale della Regione Calabria .
Gli indizi di colpevolezza a carico dei due funzionari sarebbero gravissimi, in relazione all’ipotesi di reato di sottrazione fraudolenta di beni e denaro al pagamento delle imposte”. L’operazione di subentro della società “Enertech” alla “Enerambiente” nella gestione della discarica di Alli, infatti, altro non era – ricorda il giudice Mellace – che “un meccanismo fraudolento ideato ed attuato dal Gavioli, con il contributo dei suoi collaboratori (il direttore tecnico Loris Zerbin, l’amministratore di una delle società del gruppo, Giovanni Faggiano, l’avvocato e consulente della società, Giancarlo Tonetto, Enrico Prandin, il commercialista Paolo Bellanio e il tecnico della Eneterch, Antonio Garrubba), al solo fine di sottrarre dalle casse della società “Enerambiente” le rilevanti somme di denaro che, a decorrere dal mese di settembre 2010, venivano pagate dall’Ente pubblico per l’erogazione dei servizio. E ciò – continua il giudice – per rendere inefficaci, in tutto o in parte, o, comunque, per ostacolare le procedure di riscossione già attivate e attivabili in futuro dall’erario per il pagamento di debiti tributari gravanti su Enerambiente”.

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