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POTENZA – E’ proseguito anche ieri il picchetto di lavoratori e imprenditori lasciati “a secco” dalla Cedelt spa di fronte al cantiere dell’ultima centrale eolica realizzata dall’ex «azienda leader» del settore a San Nicola di Melfi.
Fornitori e subappaltatori che negli scorsi mesi hanno portato avanti il più grande cantiere aperto di energie rinnovabili in Italia, e adesso rischiano di finire sul lastrico a causa della richiesta di concordato “in bianco” presentata a luglio dalla ditta di Avellino (con immediato blocco dei pagamenti), non sembrano intenzionati a indietreggiare di un passo. Nonostante la minaccia delle penali che la ditta committente, Ewe srl, potrebbe applicare alla stessa Cedelt in caso di mancata consegna delle opere e collaudo entro martedì, riducendo ancora la loro speranza di rientrare dei crediti sospesi.
L’ultima speranza è affidata al prefetto di Potenza che domani dovrebbe incontrare i rappresentanti della Vultur Security, la società di vigilanza che per tutto questo tempo ha presidiato le opere in via di realizzazione. Anche se l’auspicio è che la discussione si apra anche alla situazione delle altre aziende coinvolte.
A dare il via alla protesta era stato proprio un gruppo di vigilantes e di dipendenti della Calmer e altre ditte della zona. Dopo l’invio di una comunicazione alla Vultur Security, in cui la Cedelt li congedava dal servizio per cui da tre mesi non vengono pagati, annunciando la fine dei lavori e la partenza da Melfi di qui a 4 giorni.
Viste le pendenze accumulate con loro e tanti altri fornitori e subappaltatori della zona, a qualcuno deve essere sembrata una “fuga col bottino”. Di qui l’idea del blocco, per ottenere garanzie sulla copertura di un “buco” stimato sugli 8-10 milioni di euro, distribuiti tra una decina di piccole e medie aziende melfitane, più altre della vicina Puglia.
Per qualcuna di queste si tratta del 40%-50% del fatturato di un anno che, dopo il crollo delle commesse pubbliche, si annunciava “benedetto” dall’avvio in Basilicata del più grande cantiere italiano di energie rinnovabili aperto negli ultimi tempi. Una congiuntura provocata dallo sblocco repentino in Regione di una serie di autorizzazioni avviate nel lontano 2011. Con ciò che ne è derivato, soprattutto in termini di investimenti, per mettersi in condizione di rispondere all’arrivo di questa improvvisa domanda di beni e servizi necessari alla realizzazione in pochi mesi di centinaia di nuove pale: dal calcestruzzo al tondino di ferro, passando dalla manodopera e la vigilanza.
C’è chi rischia il tracollo, insomma, con decine di licenziamenti e capannoni abbandonati in quello che domani potrebbe diventare il “cratere” dell’eolico lucano.
A luglio una delegazione delle imprese del melfitano “colpite” dalla richiesta di concordato preventivo avanzata in Tribunale da Cedelt, con il conseguente blocco dei pagamenti, era stata ricevuta a via Anzio dall’assessore alle Attività produttive Raffaele Liberali. Ma se ad agosto si è trovata una soluzione per quelle impegnate sui cantieri di Genzano, all’insegna dell’«interesse strategico» che ricoprono questo tipo di progetti, per loro non c’è stato nulla da fare.
Anche ieri non sono mancati momenti di tensione in località Bizzarro, dove un operaio è arrivato a sdraiarsi sulla strada all’ingresso dell’area cantierata, per impedire ai mezzi della Cedelt di uscire. Mentre è stata rispedita al mittente la richiesta avanzata dai legali della ditta di Avellino, che arrivati sul posto hanno chiesto di riprendere i lavori senza aggiungere altro a garanzia del rispetto dei pagamenti.
La Cedelt è stata a lungo considerata l’’azienda «leader del settore», e alla fine dell’anno scorso si era accaparrata praticamente tutte le commesse delle ultime centrali eoliche autorizzate in regione, realizzate a tempi record lavorando anche di notte e nei giorni festivi. 

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