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Roma, 14 lug. (Adnkronos) – Il morbillo prima causa di morte dei delfini nel Tirreno: sono stati 134 quelli spiaggiati nelle coste di Toscana, Lazio, Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna in soli 100 giorni, vale a dire oltre 10 volte la mortalità media normalmente registrata negli ultimi 10 anni. Di questi, 101 stenelle striate, 10 tursiopi, 1 balenottera comune, 1 globicefalo, 3 grampi e 18 specie non determinate. Un problema che vede impegnati la Marina Militare e Marevivo, associazione da trent’anni attiva nella lotta contro le spadare e la pesca illegale e animatrice della campagna ‘Sos Delfinì. 
Si tratta di eventi che gli esperti definiscono di “mortalità anomala” e che vengono attribuiti anche all’inquinamento del mare e alla scarsità di cibo. Oltre all’incidenza del ‘morbillivirus’, “le stenelle, quasi tutte giovani di età inferiore ai 20 anni, sono morte per una serie di concause – spiega Sandro Mazzariol coordinatore Cert e ricercatore dell’università di Padova – scarsità di cibo, pesca intensiva, inquinamento che riduce le difese immunitarie dei cetacei”. Insomma il mare è malato, e la colpa è dell’uomo. 
“Molte delle sostanze che arrivano nel mare dall’ambiente si accumulano nell’organismo di questi animali, impedendo così un’adeguata risposta del sistema immunitario – spiega all’Adnkronos Mazzariol – Si tratta di sostanze già bandite da qualche anno, eppure ancora presenti in dosi massicce. Questo lascia supporre che, nonostante il divieto, vengano ancora utilizzate. Ad esempio l’insetticida, Ddt, che viene usato contro la malaria, potrebbe arrivare dall’Asia o dall’Africa con le correnti marine”. (segue) 
(Adnkronos) – “Si tratta di una infezione che non si può limitare. Non possiamo vaccinare gli animali”, dice l’esperto. Si potrebbe però avere comportamenti “virtuosi nei confronti dell’ambiente”. Ad esempio “con l’impegno per eliminare la cattura accidentale dei cetacei, ridimensionando il rumore dovuto dal traffico marittimo, garantendo la gestione dell’inquinamento”. 
Dal ’90 a oggi sono quattro le epidemie che si sono verificate. Quella più drammatica risale al ’92, le altre si sono estese fra Francia e Spagna, lambendo l’Italia. L’attuale epidemia “è dilagata anche a causa del fatto che sono morti tutti i cetacei che avevano contratto il morbillo negli anni passati, senza trasmettere così fattori immunitari agli esemplari più giovani”. 
Per tentare di salvaguardare la conservazione di queste specie, ulteriormente minacciate da questa epidemia, è stata istituita una rete di monitoraggio istituzionale che interviene nei casi di spiaggiamento insieme alle Capitanerie di Porto. “Ora stiamo effettuando ricerche per confermare l’ipotesi che gli inquinanti possono favorire le infezioni dei cetacei. E’ uno studio -conclude Mazzariol- che stiamo portando avanti con l’università di Teramo e di Siena”. 

IL morbillo prima causa di morte dei delfini nel Tirreno. Un’epidemia drammatica che ha segnato anche le coste calabresi. Sono stati in tutto 134 gli esemplari spiaggiati nelle coste di Toscana, Lazio, Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna in soli 100 giorni, vale a dire oltre 10 volte la mortalità media normalmente registrata negli ultimi 10 anni. Di questi, 101 sono della specie stenelle striate, 10 tursiopi, 1 balenottera comune, 1 globicefalo, 3 grampi e 18 specie non determinate. 

 

Un problema che vede impegnati la Marina Militare e Marevivo, associazione da trent’anni attiva nella lotta contro le spadare e la pesca illegale e animatrice della campagna “Sos Delfini”. Si tratta di eventi che gli esperti definiscono di “mortalità anomala” e che vengono attribuiti anche all’inquinamento del mare e alla scarsità di cibo. Oltre all’incidenza del “morbillivirus”, «le stenelle, quasi tutte giovani di età inferiore ai 20 anni, sono morte per una serie di concause – spiega Sandro Mazzariol coordinatore Cert e ricercatore dell’università di Padova – scarsità di cibo, pesca intensiva, inquinamento che riduce le difese immunitarie dei cetacei». Insomma il mare è malato, e la colpa è dell’uomo. «Molte delle sostanze che arrivano nel mare dall’ambiente si accumulano nell’organismo di questi animali, impedendo così un’adeguata risposta del sistema immunitario – spiega all’Adnkronos Mazzariol – Si tratta di sostanze già bandite da qualche anno, eppure ancora presenti in dosi massicce. Questo lascia supporre che, nonostante il divieto, vengano ancora utilizzate. Ad esempio l’insetticida, Ddt, che viene usato contro la malaria, potrebbe arrivare dall’Asia o dall’Africa con le correnti marine». 

«Si tratta di una infezione che non si può limitare. Non possiamo vaccinare gli animali», dice l’esperto. Si potrebbe però avere comportamenti «virtuosi nei confronti dell’ambiente». Ad esempio «con l’impegno per eliminare la cattura accidentale dei cetacei, ridimensionando il rumore dovuto dal traffico marittimo, garantendo la gestione dell’inquinamento». Dal ’90 a oggi sono quattro le epidemie che si sono verificate. Quella più drammatica risale al ’92, le altre si sono estese fra Francia e Spagna, lambendo l’Italia. L’attuale epidemia «è dilagata anche a causa del fatto che sono morti tutti i cetacei che avevano contratto il morbillo negli anni passati, senza trasmettere così fattori immunitari agli esemplari più giovani». Per tentare di salvaguardare la conservazione di queste specie, ulteriormente minacciate da questa epidemia, è stata istituita una rete di monitoraggio istituzionale che interviene nei casi di spiaggiamento insieme alle Capitanerie di Porto. «Ora stiamo effettuando ricerche per confermare l’ipotesi che gli inquinanti possono favorire le infezioni dei cetacei. E’ uno studio – conclude Mazzariol – che stiamo portando avanti con l’università di Teramo e di Siena». 

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