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NEI prossimi giorni sarà nelle librerie “Satriano”, scritto da Raffaele Ranieri per i tipi A/ P Roma. L’autore, da storico e giornalista ha trovato storie piccole e grandi da raccontare, tra cui quella di Angelo Meliante, un satrianese (ma di quale Satriano, la calabrese o la lucana?) che risulta fra i caduti italiani in Egeo nel 1943, divenute lo start di una ricerca storica durata quasi 5 anni per scoprire a chi appartenesse quel nome di cui non risultava traccia negli archivi dell’anagrafe di Satriano e di cui nessuno in città sapeva nulla.

So che in questo libro lei è finalmente arrivato a “chiudere il caso” su Angelo Meliante…

«A indirizzarmi verso questa ricerca trasversale, che sembrava utopica, è stato proprio lei! Quando mi parlò di questo soldato di Satriano morto in Grecia e del quale nessuno sapeva niente. Ribattei che era impossibile, a Satriano hanno contato e ricontato i caduti in guerra, anche se non sono riusciti a stabilire un totale certo, hanno persino fatto le targhette per ogni caduto. Poi mi ha anche messo al corrente di avere avviato indagini all’anagrafe ma senza risultati. E qui è scattato il mio orgoglio di satrianese e giornalista. Ho iniziato le ricerche a modo mio e a spese mie».

In che modo?

«Ho allargato le ricerche ai comuni limitrofi e modificando anche il cognome. Gli esperti delle varie anagrafi mi rispondevano “picche” eppure il portale del Dodecanneso continuava a confermare “Meliante Angelo Satriano Catanzaro, urna 513”. Interpellai anche la capitaneria di porto di Brindisi perché era il porto da dove venivano dirottati i soldati per la Grecia. Ma niente. Allora ho varcato i confini regionali verso la Lucania, spulciano i registri dei Battesimi in molte parrocchie. E un giorno in una e –mail a me diretta da Rocco Giannotti, responsabile del servizio anagrafe di un comune lucano, si cita un “Meliande” nato il 13 aprile 1923 da Meliande Rocco e da Miglionico Paola, celibe e residente in questo comune. Il battesimo era avvenuto nella Parrocchia locale il 27 dello stesso mese e anno di nascita. E poi dirò il nome del paese che aveva dato i natali ad Angelo e da dove mi era arrivata la mail».

Già perchè questa non è ancora la conclusione della storia!

«Forte di tali notizie, contatto la Diocesi Cattolica di Rodi, in Grecia. Mi riceve Lucilla Conte Janikis, archivista volontaria della Missione Evangelica nell’Egeo, che già aveva fatto per mio conto le prime ricerche, concludendo che l’urna 513 non esisteva più a seguito della ristrutturazione della cappella dell’Addolorata nel cimitero locale. I resti del soldato erano stati messi nella cripta di un ossario comune in quanto non vi era nessun nome nè la salma non era stata richiesta per la traslazione dell’urna in Italia. La signora Lucilla mi ha dunque mandato a Kos, dove ho appreso la storia amara che sto per raccontare, quella non di un eroe di guerra, ma di un eroe dell’amore. Se vi capita di arrivare fino al Cimitero di Rodi vi diranno che Meliante Angelo è ufficialmente di Satriano Catanzaro ma poi manca il collegamento tra Angelo e la nostra Satriano. Non un milite ignoto, ma un milite con due patrie».

Qual è la vera storia?

«Angelo nasce e vive a Satriano di Lucania. A vent’anni approderà nella Satriano calabrese, in località Curzano insieme al papà Rocco, alla mamma Paola, e altri sventurati profughi, rifugiati in un casino di campagna. Qui non aveva trovato coetanei: erano tutti al fronte, il padre Rocco aveva escogitato l’emigrazione per scongiurare la richiamata alle armi dell’unico figlio. Qui Angelo incontra una ragazza e se ne innamora. Ma un giorno, il 22 luglio del 1943, dopo un bombardamento, scopre che lo sguardo e le attenzioni di Teresa avevano un secondo interesse».

E in Grecia come arrivò?

«Con uno zaino sulle spalle, scappa e non sa dove. Prende il treno e arriva fino a Brindisi, dove si unisce ai volontari per il fronte. Destinazione del carico delle giovani forze è la Grecia. Dal Pireo sbarcano nell’isola di Kos. “Da dove vieni?” e non “di dove sei?” gli chiede il caporale e lui risponde da Satriano provincia di Catanzaro (risposta pertinente alla domanda sbagliata). Il loro campo è in un grande caseggiato, e nella parte posteriore c’è la trattoria di un certo Pietro Borini di Napoli. E qui il resto della storia l’ho appreso da Aristide, un ottantenne di Kos, che all’epoca aveva dieci anni e ricorda i soldati, che lo trattavano come un fratellino. Ecco cosa ha raccontato: “Nella trattoria c’era la bellissima figliola del gestore, nata qui, si chiamava Astradeni, un nome luminoso come quella stella di ragazza che serviva i soldati italiani. Prese a “filare” con un soldato, che si chiamasse Angelo, lo appresi a tragedia avvenuta. Ma il 3 ottobre 1943 l’isola venne invasa dalle truppe tedesche e qualche giorno dopo furono assassinati 103 soldati italiani. Donne, uomini, bambini, anziani furono messi con le spalle al muro, nel gruppo c’era anche Astradeni. Da una botola della costruzione, che serviva per scendere in uno sotterraneo dove si tenevano al fresco le bottiglie del nostro vino “resinato”, e dove si era nascosto, balzò Angelo e si gettò su Astradeni proprio mentre il plotone tedesco mitragliava senza pietà, sugli innocenti civili. Quando gli assassini si furono allontanati, da quel mucchio di ossa umane si rialzò solo Astradeni che Angelo, con il suo corpo, aveva salvato”. La storia è finita, l’enigma di Angelo Meliante è risolto. Rimane un nodo alla gola di commozione per un giovane che il padre voleva tenere lontano dalla guerra e che invece per un amaro destino è finito per esserne vittima».

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