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di VALERIO PANETTIERI
VENERDÌ, al centro comunale di Spinoso, i sindaci ufficializzerano la loro posizione, per ora resta quella possibile “minaccia” di disimpegno dalle elezioni regionali, con tutto il carico di voti che si portano dietro. Ed ecco che la battaglia dei primi cittadini della Val d’Agri diventa ancora una volta una faccenda politica seria e altrettanto delicata per i vertici regionali. Peccato che attorno a loro, dopo l’attacco frontale di ieri, non si sia mossa una foglia. Forse si resta in attesa, c’è qualcosa che si muove nel sottobosco delle correnti del centrosinistra, mentre la delusione monta e si mette alla testa delle popolazioni dell’area, che di petrolio ne vogliono sentire parlare sempre meno. 
Vincenzo Vertunni, Mario Di Sanzo, Michele Grieco, Cesare Marte, Pasquale De Luise e Ugo Salera, rispettivamente sindaci di Grumento Nova, Montemurro, Sarconi, Spinoso, Paterno e Tramutola, non sono dei ribelli veri e propri, hanno bisogno di certezze che non siano soltanto parole, certezze che riguardino le economie dei luoghi, le possibilità occupazionali e le ricadute a lungo termine. Alcuni di loro fanno autocritica, raccontano di un territorio che ha chiuso gli occhi venti anni fa, regalando una valle a compagnie private, che adesso fanno il bello e il cattivo tempo e, inevitabilmente, mettono mano nella politica. Noi ai sindaci “ribelli” abbiamo chiesto una cosa: se sono favorevoli o meno alla possibilità di un aumento delle estrazioni petrolifere. Vincenzo Vertunni sembra essere quello più categorico con il suo «assolutamente no». La negazione ha, comunque, una sua motivazione: «La Val d’Agri – dice – sta facendo più di quello che dovrebbe. Siamo al limite già ora della tollerabilità». Però poi Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, dice che il petrolio è un bene pubblico, nazionale, e che la questione royalties non può rimanere in Basilicata o prestarsi ad opposizioni di questo tipo. Vertunni la pensa all’opposto: «Non penso sia un bene pubblico, lo è nei termini della produzione energetica, ma di fatto che lo estrae sono aziende private. Non mi risulta che ce ne siano di statalizzate. da questo punto di vista è un è un bene privato. Siamo davanti al pubblico che concede al privato, he di conseguenza sfrutta e produce energia che lo stesso pubblico paga e anche bene». Inutile quindi fare discorsi sulla natura di quanto custodito tra le rocce della Valle, c’è anche il gas. «L’incremento della produzione di gas – dice Vertunni – ci può anche stare. Su un milione e 60mila metri cubi al giorno al giorno 45 mila dovrebbero restare a noi, il che potrebbe tradursi in uno sgravio sulla bolletta energetica». 
È l’economia dei luoghi che interessa: «Se si continua così molte imprese saranno costrette a chiudere e la Vibac è una di queste. Credo che in questi anni il territorio ha pagato un prezzo troppo basso dal punto di vista dell’occupazione e poi c’è l’impatto sulla salute. Purtroppo siamo stati troppo miopi e oggi non abbiamo nessun elemento che ci possa dire cosa è successo realmente dal punto di vista della salute. 
Sì e allora cosa si aspettano i sindaci dai vertici regionali? «Personalmente non mi aspetto niente, spero che il disimpegno minacciato possa far aprire gli occhi a qualcuno, magari per interessi personali. ma siamo di fronte ad una regione allo sbando sotto tutti i punti di vista e il Consorzio di bonifica ne è un esempio così come lo sono quei sistemi fognari costati miliari di vecchie lire e mai collegati ai depuratori, o dal fatto che l’Arpab, nonostante sia stata chiamata in causa diversi mesi fa, non si è mai fatta vedere». Insomma, Vertunni dà un quadro generale della vicenda, l’immagine di un territorio al limite, che non riesce a capire quali sono gli effettivi danni per la salute, che tipo di ricadute economiche possano mai avere sulle estrazioni mentre affrontano una politica regionale che è ancora alla ricerca del successore di De Filippo mentre sembra non curarsi di quanto accade.
Anche Mario Di Sanzo si dice contrario all’aumento pur dicendo di non essere contrario al petrolio. «Insomma, non si può produrre più di un grammo se il territorio non ha quello che gli è dovuto». Che suona anche come un segnale di apertura: dateci quello che ci spetta e poi si potrebbe anche parlare di aumento della produzione. «Va bene qualsiasi aumento, fermo restando tutto il controllo sull’inquinamento e la salute». Ed è Di Sanzo a dare un senso più omogeneo a quanto stanno facendo i sindaci in questo momento: «Stiamo cercando di restare uniti, pronti a sottoscrivere qualsiasi tipo di lotta, ivi compresa la possibilità di boicottare il voto. Siamo i soli ed esclusivi protagonisti del territorio e diciamo, allora, che non si tocca. perché siamo scocciati di una politica che non tiene conto delle popolazioni». Cesare Marte lo rintracciamo nel bel mezzo della sagra del fagiolo: «si sta facendo economia in questo momento», dice con un tono soddisfatto», la cosa strana è che non si sbilancia. Dice soltanto che «Venerdì ci sarà questo incontro dove chiariremo una linea unitaria. Quello che penso io è relativo, sarebbe meglio dire “quello che pensiamo noi”. Per questo è necessario sedersi e ragionare». Pasquale De Luise non si sposta di una virgola dalla linea della contrarietà all’aumento della produzione, «può bastare questo –  dice – Io sono contrario, soprattutto se si guardano i riscontri dal punto di vista ambientale». ma ci aiuta a capire qual è il “ritmo”  di questa protesta e soprattutto quali sono gli obiettivi. «Siamo ripartiti da quanto fatto a gennaio perché la situazione era diventata stantìa, ma c’è da chiarire che vogliamo andare avanti lavorando assieme agli sindaci. Non siamo soltanto noi sei, ma dobbiamo pensare a tutti quei Comuni che hanno a che fare con il petrolio. È questo il primo punto di questa “seconda fase”. La nostra linea è quella di cercare condivisione da parte di tutti i sindaci e puntare ad una risoluzione concreta. Noi abbiamo fatto delle proposte perché ci trovavamo in una situazione di stallo. Quello che stiamo facendo fa il paio con altre cose. faccio l’esempio di Chiaromonte e del suo sindaco, che ovviamente incassa tutta la nostra solidarietà. Si tratta, in pratica, di rimettere in ordine un certo carattere democratico. E credo che, sulla falsa riga di quanto ottenuto sul gas, si possa ottenere ben altro anche dal punto di vista ambientale».
Sono tutti «temi vecchi» ed è per questo che i sindaci puntano al rilancio dell’iniziativa. Ma questa discussione avuta con una parte dei “ribelli” ci permette anche di capire lo spirito della riunione di venerdì e soprattutto quali saranno i temi che dovranno poi essere messi nero su bianco nel documento congiunto. C’è una parte della Valle che si muove verso una posizione di lotta che rischia di spaventare e non poco, chi adesso si metterà a caccia di voti. Non è di certo l’anno zero sul petrolio, ma questa vicenda della Val d’Agri rischia di colpire in pieno petto chi cerca di frenare le avanzate dei movimenti e chiudere l’ennesimo occhio sulla gestione petrolifera lucana. E non è poco.
v.panettieri@luedi.it

Venerdì, al centro comunale di Spinoso, i sindaci ufficializzerano la loro posizione, per ora resta quella possibile “minaccia” di disimpegno dalle elezioni regionali, con tutto il carico di voti che si portano dietro. 

 

Ed ecco che la battaglia dei primi cittadini della Val d’Agri diventa ancora una volta una faccenda politica seria e altrettanto delicata per i vertici regionali. Peccato che attorno a loro, dopo l’attacco frontale di ieri, non si sia mossa una foglia. 

Forse si resta in attesa, c’è qualcosa che si muove nel sottobosco delle correnti del centrosinistra, mentre la delusione monta e si mette alla testa delle popolazioni dell’area, che di petrolio ne vogliono sentire parlare sempre meno. Vincenzo Vertunni, Mario Di Sanzo, Michele Grieco, Cesare Marte, Pasquale De Luise e Ugo Salera, rispettivamente sindaci di Grumento Nova, Montemurro, Sarconi, Spinoso, Paterno e Tramutola, non sono dei ribelli veri e propri, hanno bisogno di certezze che non siano soltanto parole, certezze che riguardino le economie dei luoghi, le possibilità occupazionali e le ricadute a lungo termine. 

Alcuni di loro fanno autocritica, raccontano di un territorio che ha chiuso gli occhi venti anni fa, regalando una valle a compagnie private, che adesso fanno il bello e il cattivo tempo e, inevitabilmente, mettono mano nella politica. Noi ai sindaci “ribelli” abbiamo chiesto una cosa: se sono favorevoli o meno alla possibilità di un aumento delle estrazioni petrolifere. Vincenzo Vertunni sembra essere quello più categorico con il suo «assolutamente no». 

La negazione ha, comunque, una sua motivazione: «La Val d’Agri – dice – sta facendo più di quello che dovrebbe. Siamo al limite già ora della tollerabilità». Però poi Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, dice che il petrolio è un bene pubblico, nazionale, e che la questione royalties non può rimanere in Basilicata o prestarsi ad opposizioni di questo tipo. Vertunni la pensa all’opposto: «Non penso sia un bene pubblico, lo è nei termini della produzione energetica, ma di fatto che lo estrae sono aziende private. Non mi risulta che ce ne siano di statalizzate. da questo punto di vista è un è un bene privato. Siamo davanti al pubblico che concede al privato, he di conseguenza sfrutta e produce energia che lo stesso pubblico paga e anche bene».

 Inutile quindi fare discorsi sulla natura di quanto custodito tra le rocce della Valle, c’è anche il gas. «L’incremento della produzione di gas – dice Vertunni – ci può anche stare. Su un milione e 60mila metri cubi al giorno al giorno 45 mila dovrebbero restare a noi, il che potrebbe tradursi in uno sgravio sulla bolletta energetica». È l’economia dei luoghi che interessa: «Se si continua così molte imprese saranno costrette a chiudere e la Vibac è una di queste. 

Credo che in questi anni il territorio ha pagato un prezzo troppo basso dal punto di vista dell’occupazione e poi c’è l’impatto sulla salute. Purtroppo siamo stati troppo miopi e oggi non abbiamo nessun elemento che ci possa dire cosa è successo realmente dal punto di vista della salute. 

Sì e allora cosa si aspettano i sindaci dai vertici regionali? «Personalmente non mi aspetto niente, spero che il disimpegno minacciato possa far aprire gli occhi a qualcuno, magari per interessi personali. ma siamo di fronte ad una regione allo sbando sotto tutti i punti di vista e il Consorzio di bonifica ne è un esempio così come lo sono quei sistemi fognari costati miliari di vecchie lire e mai collegati ai depuratori, o dal fatto che l’Arpab, nonostante sia stata chiamata in causa diversi mesi fa, non si è mai fatta vedere». 

Insomma, Vertunni dà un quadro generale della vicenda, l’immagine di un territorio al limite, che non riesce a capire quali sono gli effettivi danni per la salute, che tipo di ricadute economiche possano mai avere sulle estrazioni mentre affrontano una politica regionale che è ancora alla ricerca del successore di De Filippo mentre sembra non curarsi di quanto accade.Anche Mario Di Sanzo si dice contrario all’aumento pur dicendo di non essere contrario al petrolio. «Insomma, non si può produrre più di un grammo se il territorio non ha quello che gli è dovuto». 

Che suona anche come un segnale di apertura: dateci quello che ci spetta e poi si potrebbe anche parlare di aumento della produzione. «Va bene qualsiasi aumento, fermo restando tutto il controllo sull’inquinamento e la salute». Ed è Di Sanzo a dare un senso più omogeneo a quanto stanno facendo i sindaci in questo momento: «Stiamo cercando di restare uniti, pronti a sottoscrivere qualsiasi tipo di lotta, ivi compresa la possibilità di boicottare il voto. Siamo i soli ed esclusivi protagonisti del territorio e diciamo, allora, che non si tocca. perché siamo scocciati di una politica che non tiene conto delle popolazioni». 

Cesare Marte lo rintracciamo nel bel mezzo della sagra del fagiolo: «si sta facendo economia in questo momento», dice con un tono soddisfatto», la cosa strana è che non si sbilancia. 

Dice soltanto che «Venerdì ci sarà questo incontro dove chiariremo una linea unitaria. Quello che penso io è relativo, sarebbe meglio dire “quello che pensiamo noi”. Per questo è necessario sedersi e ragionare». Pasquale De Luise non si sposta di una virgola dalla linea della contrarietà all’aumento della produzione, «può bastare questo –  dice – Io sono contrario, soprattutto se si guardano i riscontri dal punto di vista ambientale». ma ci aiuta a capire qual è il “ritmo”  di questa protesta e soprattutto quali sono gli obiettivi. «Siamo ripartiti da quanto fatto a gennaio perché la situazione era diventata stantìa, ma c’è da chiarire che vogliamo andare avanti lavorando assieme agli sindaci. Non siamo soltanto noi sei, ma dobbiamo pensare a tutti quei Comuni che hanno a che fare con il petrolio. È questo il primo punto di questa “seconda fase”. La nostra linea è quella di cercare condivisione da parte di tutti i sindaci e puntare ad una risoluzione concreta. Noi abbiamo fatto delle proposte perché ci trovavamo in una situazione di stallo. Quello che stiamo facendo fa il paio con altre cose. faccio l’esempio di Chiaromonte e del suo sindaco, che ovviamente incassa tutta la nostra solidarietà. Si tratta, in pratica, di rimettere in ordine un certo carattere democratico. E credo che, sulla falsa riga di quanto ottenuto sul gas, si possa ottenere ben altro anche dal punto di vista ambientale».

Sono tutti «temi vecchi» ed è per questo che i sindaci puntano al rilancio dell’iniziativa. Ma questa discussione avuta con una parte dei “ribelli” ci permette anche di capire lo spirito della riunione di venerdì e soprattutto quali saranno i temi che dovranno poi essere messi nero su bianco nel documento congiunto. 

C’è una parte della Valle che si muove verso una posizione di lotta che rischia di spaventare e non poco, chi adesso si metterà a caccia di voti. Non è di certo l’anno zero sul petrolio, ma questa vicenda della Val d’Agri rischia di colpire in pieno petto chi cerca di frenare le avanzate dei movimenti e chiudere l’ennesimo occhio sulla gestione petrolifera lucana. E non è poco.

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