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POTENZA – Prima gli hanno chiesto soldi, poi volevano vendergli un autocarro che non gli serviva. Gli hanno incendiato il prefabbricato perché si è rifiutato. E quando hanno scoperto la denuncia è partita la spedizione punitiva per metterlo a tacere.
Sono Antonio D’Aversa (47) e Michele Russo (23), entrambi del capoluogo, i destinatari dell’ordinanza di arresti eseguita ieri pomeriggio dagli agenti della Squadra mobile di Potenza.
Per il gip Luigi Spina, che ha accolto la richiesta degli inquirenti guidati dal procuratore Luigi Gay, avrebbero cercato di taglieggiare un imprenditore di Bucaletto, titolare di una piccola ditta per lo smaltimento di abiti usati. Da qui l’accusa di tentata estorsione e danneggiamento mediante incendio.
Le indagini sono partite dallo sfogo della vittima in Questura, ai primi di ottobre del 2013. Dopo l’incendio del suo prefabbricato. E hanno confermato «come i due indagati avessero chiesto con insistenza aiuti economici alla vittima, con modalità tipiche di veri e propri taglieggiatori ed estorsori, e poi, avessero imposto alla stessa l’acquisto di un carro attrezzi per 4mila euro, di cui tuttavia l’imprenditore non aveva alcun bisogno né intenzione di acquistare».
Così la nota diffusa in serata dalla polizia.
«Appena qualche giorno dopo la richiesta estorsiva – prosegue la nota – i due soggetti si presentavano, in tarda serata, presso l’abitazione della vittima – dopo che quest’ultima aveva tentato di evitare ogni contatto – e ricevuto un nuovo rifiuto, appiccavano, già la notte successiva, il fuoco all’abitazione (la cui matrice dolosa era comprovata dalla presenza di una bottiglia di plastica contenente benzina), che tuttavia veniva prontamente domato e spento».
Grazie alle testimonianze di alcuni vicini di casa della vittima gli investigatori sarebbero riusciti ad «appurare come l’autovettura del D’Aversa (pilota provetto con un discreto trascorso sportivo, ndr) fosse stata notata sfrecciare via dalla direzione della casa, così come è pure emerso, dall’analisi dei tabulati, come l’altro indagato si trovasse in quell’ora in giro per la città, contrariamente a quanto da lui successivamente sostenuto».
Nel frattempo le richieste sarebbero diventate sempre più insistenti «tanto da costringere la vittima a bloccare le telefonate in entrata sul proprio cellulare».
Ma il peggio doveva ancora venire, perché a distanza di qualche mese D’Aversa e Russo avrebbero cercato di nuovo di incontrarlo. Coinvolgendo una terza persona, che risulta indagata a piede libera. E non si sarebbero arresi nemmeno di fronte al suo rifiuto, riuscendo a “trascinarlo” a casa di D’Aversa per un chiarimento.
Quindi «schiaffi e pugni». Un’aggressione «brutale» secondo gli investigatori. Al punto da convincerlo a tacere per evitare «ulteriori ritorsioni». Nessun referto medico e nessuna denuncia.
«L’episodio – spiegano dalla Questura – veniva comunque in ogni caso appreso e ricostruito dagli investigatori, anche sulla base di dichiarazioni rese da persone informate sui fatti».
In pratica si sarebbe trattato di «una spedizione punitiva» decisa non appena «gli indagati erano venuti a conoscenza della precedente denuncia presentata nei loro confronti».
«Il denunciante, evidentemente intimorito, aveva persino deciso a quel punto di dismettere la propria attività, trasferendosi in altra città». Conclude la nota.
D’Aversa («già gravato da numerosissimi precedenti, la maggior parte dei quali di matrice violenta») ha ricevuto il nuovo ordine di arresto in carcere dov’era finito a febbraio per stalking, ovvero: «atti persecutori in danno dell’ex convivente». Più «ingiuria, violenza privata e danneggiamento aggravato», per aver dato fuoco all’auto della donna.
Russo invece è stato rintracciato e arrestato a Velletri dagli agenti del commissariato di polizia del posto. Di recente anche per lui era già scattata un’altra ordinanza di misure cautelari: l’obbligo di dimora. Con l’accusa di tentato omicidio per una rissa finita coi coltelli in mano.

l.amato@luedi.it

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