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POTENZA – Agivano utilizzando metodi mafiosi i due giovani di Canosa, Claudio Pellegrino, 26 anni, e Cosimo Damiano Campanella, di 32, arrestati all’alba di ieri dai carabinieri della compagnia di Venosa, diretta dal capitano Antonio Varriale, e dagli uomini del Nucleo investigativo del Comando provinciale, agli ordini del colonnello Giuseppe Palma. Arrestato anche un settantenne. Si tratta del nonno di Cosimo Campanella – stesso nome del nipote – accusato di detenzione illegale di munizionamento da guerra.
Gli arresti sono giunti al termine di un’attività di indagine – coordinata dal procuratore capo, Luigi Gay e dal sostituto antimafia, Francesco Basentini – che ha preso il via nell’aprile scorso.
Pellegrino a Campanella sono accusati di tentativi di estorsione continuata e aggravata dal metodo mafioso ai danni degli imprenditori Mauro e Giuseppe Di Stasi di Lavello e Antonio Liseno amministratore della “Sg Trading” di Melfi. Ad accogliere la richiesta di arresto, avanzata dalla Direzione distrettuale antimafia, il gip Luigi Spina.
I due giovani pretendevano il pagamento del pizzo e per ottenerlo non esitavano a intimidire i titolari delle due aziende con atti eclatanti. Come quello avvenuto intorno alle 21.30 del 14 aprile scorso.
Claudio Pellegrino e Cosimo Damiano Campanella, a bordo di una moto di grossa cilindrata, giunti davanti al cancello dell’azienda di proprietà di Mauro e Giuseppe Di Stasi, non esitavano a esplodere una ventina di colpi di arma da fuoco – calibro 9×19 – partiti da una mitraglietta Uzi di fabbricazione israeliana, proveniente dalla ex Jugoslavia come accertato in seguito dalle analisi balistiche e scientifiche effettuate dai Ris di Roma.
Immediatamente Giuseppe Di Stasi e un dipendente denunciavano il tutto ai carabinieri della Compagnia di Venosa. Partono le indagini. Chiave di volta quanto accade – e immediatamente viene segnalato agli uomini agli ordini del capitano Varriale – una decina di giorni dopo. È il 23 aprile quando sul cellulare di Mauro Di Stasi giunge una telefonata. Dall’altro capo una voce, con marcato accento pugliese, dice: «Prepara i soldi se no la prossima volta ti sparo in testa».
L’imprenditore fornisce agli uomini dell’Arma anche il numero da cui è partita la telefonata. Dal numero si arriva a identificare il titolare della scheda Sim. Si tratta di una persona molto vicina ai due che da ieri sono in carcere. Vengono anche acquisiti i filmati ripresi dalla videocamera di sorveglianza che si trova all’ingresso dell’azienda di Di Stasi.
Il 3 maggio scorso, intorno alle 10, un nuovo attentato. Questa volta nel mirino la “Sg trading” di Melfi amministrata da Antonio Liseno.
Due uomini a bordo di una moto esplodono 9 colpi di arma da fuoco calibro 9×21 da una pistola. I proiettili colpiscono alcune auto parcheggiate all’interno. I carabinieri anche in questo caso acquisiscono i filmati ripresi dalle videocamere di sorveglianza. Il mezzo è lo stesso e gli uomini, anche se indossano tute e caschi integrali, sembrano quelli che hanno agito la sera del 14 aprile a Lavello. Il puzzle si sta pian piano componendo. Ad aiutare i carabinieri anche i racconti di alcuni testimoni.
L’escalation di fuoco e di minacce, però, non si ferma. L’11 giugno scorso l’azienda dei fratelli Di Stasi viene presa nuovamente di mira.
Una Lancia Lybra si avvicina al cancello. La persona seduta dal lato del passeggero abbassa il finestrino, sporge il braccio e una parte del corpo e imbracciando la mitraglietta Uzi esplode 21 colpi che solo per una pura fatalità non colpiscono due delle 4 persone che si trovano all’interno dell’azienda.
La Lancia, completamente distrutta dalle fiamme, verrà trovata dai carabinieri in un terreno poco distante.
Sembra chiaro che tutti quei colpi esplosi e quelle telefonate minatorie fanno parte di un unico disegno criminale volto a estorcere denaro ai due imprenditori. Indizi su indizi corroborati poi da testimonianze, intercettazioni ed elementi di prova che hanno incastrato di due.
Tra questi il rinvenimento in un casolare di Canosa della pistola e della mitraglietta Uzi utilizzate per gli atti intimidatori e le tute da motociclista utilizzate dai due. Al rinvenimento della mitraglietta con silenziatore fabbricatore artigianalmente si è giunti con l’ausilio delle unità cinofile visto che il tutto era stato sotterrato.

a.giammaria@luedi.it

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