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PALMI – Tutti assolti. È senza dubbio un verdetto clamoroso e inaspettato quello emesso questa mattina dal Gup del Tribunale di Palmi, Giulio De Gregorio, nei confronti dei sei imputati accusati, a vario titolo, dei reati di omicidio, tentato omicidio e reati relativi alle armi, nell’ambito del procedimento con rito abbreviato sulla presunta faida tra le famiglie Priolo-Brandimarte di Gioia Tauro. Una sentenza che scagiona i sei imputati per i quali il Pubblico Ministero della Procura di Palmi (ora alla Dda di Reggio Calabria), Giulia Pantano, aveva chiesto pene severissime: l’ergastolo per Davide Gentile e i fratelli Antonio, Vincenzo, e Giuseppe Brandimarte mentre 14 anni di reclusione a testa erano stati chiesti per Giovanni Priolo e Giuseppe Forgione. 

Un duro colpo per la Procura di Palmi, anche perché l’insufficienza di prove è alla base di cinque delle sei assoluzioni pronunciate dal giudice (più “tecnico” il motivo della sesta assoluzione). Per gli inquirenti, gli imputati sarebbero stati i responsabili degli eventi di sangue (tra i quali l’omicidio di Giuseppe Priolo e il tentato omicidio di Giuseppe Brandimarte) che tra il 2011 e il 2013 hanno scosso la città di Gioia Tauro. Eventi che per gli investigatori sarebbero scaturiti dall’omicidio di Vincenzo Priolo, il giovane freddato a colpi di pistola sulla Statale 111 nel luglio del 2011. La morte di Priolo, per la quale è stato condannato in secondo grado a 16 anni di reclusione Vincenzo Perri, (imparentato con i Brandimarte e catturato dalle forze dopo un anno di latitanza), nell’ipotesi d’accusa avrebbe dato il “la” ad una serie di delitti riconducibili ad una “faida” tra le due famiglie. Con la sentenza di questa mattina, però, la tesi sostenuta dalla Procura di Palmi è clamorosamente venuta meno e adesso bisognerà aspettare le motivazioni della sentenza per capire meglio quali elementi hanno portato il Gup a scagionare tutti gli imputati. La Procura palmese, dal canto suo, ha già annunciato che ricorrerà in appello contro la decisione del giudice.
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