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POTENZA – «Né integralismo né estremismo, ma il nostro Family day è in opposizione alla manifestazione di Matera» (Francesco Mollica, Udc), anzi no «noi non andiamo a traino di nessuno» (Aurelio Pace, Gruppo Misto). Insomma nel giorno del gay pride “Tutti i sessi portano ai Sassi”, il capoluogo si prepara a scendere in piazza per difendere il proprio «patrimonio valoriale inviolabile» con associazioni e società civile in una «battaglia di popolo – le parole sono sempre di Pace – contro le élite culturali. Siamo la maggioranza, non la buttiamo in politica ma sintonizzeremo la gente a delle cose concrete». Il Comitato per la Festa della Famiglia in Basilicata è già al lavoro per preparare il logo dell’evento: l’idea è mostrare una “famiglia allargata” che comprenderà quelle negate, quelle con disabilità (nel cartello anche l’associazione Dopo di noi) e «un mondo più ampio possibile». Poi sarà la piazza a dare il suo responso numerico.
Il caso però è soprattutto politico e – dopo l’approvazione della doppia mozione in aula – un passaggio doppio è dedicato dai consiglieri di minoranza a Mario Polese (Pd) e alla presidente della Commissione Pari opportunità Angela Blasi: se da un lato «l’attendente di Pittella ha scambiato il consiglio per un ricettacolo di voti – dice Gianni Rosa di FdI – per accontentare l’Arcigay nella persona della candidata nella sua lista (Morena Rapolla, ndr) per cui ci siamo scocciati e ci siamo impuntati contro questo mercimonio», la seconda «dovrebbe fare da sé un passo indietro, se intende fare politica», incalza Michele Napoli (Fi). Gli fa eco Mollica: «La Commissione Pari opportunità è un organismo composito, la Blasi non utilizzi politicamente le istituzioni. Chiederò al mio rappresentante in Commissione di sollevare il problema, perché se dovessi chiedere la testa della Blasi farei un piacere ad altri del suo stesso partito…». E aggiunge: «Ho firmato la mozione Polese per dimostrare che siamo per la democrazia, poi sui social è emersa la vera faccia di chi ha avuto sulla questione un approccio elettorale, è stato creato uno scontro ideologico all’insegna della prevaricazione».
Rosa stigmatizza anche la prima mozione presentata da Polese, che dipingeva la Basilicata come una regione ferma all’Ottocento, poi il documento è stato riveduto. «Noi – spiega – siamo diversi nel senso che siamo normali, e poi per combattere le discriminazioni è utile abbattere le differenze e creare dei recinti?».
Al tavolo fa capolino anche un bimbo a favore di telecamere, Napoli centra il suo intervento proprio sul concetto di «famiglia fondata sul matrimonio e costituzionalmente garantita, ma sotto bombardamento tra divorzio breve e facile, eterologa, selezione genetica degli embrioni: senza le famiglie non nascono i figli e così una nazione muore. La nostra però non è una guerra ideologica – aggiunge il berlusconiano –, abbiamo pieno rispetto delle opinioni altrui e non discriminiamo nessuno».
Donato Ramunno ironizza «qui l’unico omofobo sono io, scrivetelo» ma è un fatto che ieri il caso “Gender di Basilicata” è finito sulle pagine di Repubblica, e c’è da aspettarsi che il doppio corteo conquisterà le pagine nazionali come non è riuscito a fare nemmeno il corteo anti-petrolio di Policoro.

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