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«VOI gli dovete mettere il cappuccio che non deve vedere la via e non deve vedere nulla. Tanto questo non fa nemmeno la denuncia che questo qua… ha rubato ai compagni… Questi so soldi che ha rubato Daniele». 

Sarebbe stato Silvio Fanella a tradire gli altri membri della “banda”, e non viceversa. Per questo uno di loro avrebbe orchestrato un primo tentativo di sequestro fallito ad agostro del 2012, per tanti aspetti simile a quello finito con la morte del “cassiere” di Mokbel soltanto la scorsa settimana. 

E’ quanto sembra dire Giovanni Plastino, il 36enne di Rionero, nel mirino dei pm di Roma assieme a Macori e ad Aniello “Daniele” Barbetta. 

La sua voce è agli atti dell’inchiesta condotta dai carabinieri di Potenza e trasferita per competenza nella capitale alla fine dell’anno scorso. 

Difficile dire con certezza se racconti la verità o stia cercando soltanto di tranquillizzare Barbetta e «Roman», il terzo lucano coinvolto, su cui gli inquirenti della capitale cercano ancora elementi per un’identificazione sicura. Ma è un fatto che finora l’unico mandante dietro il colpo tentato due anni fa è stato individuato in Macori, nonostante alcune evidenti contraddizioni sul suo ruolo e la sua figura, che lasciano pensare a un secondo livello alle sue spalle. 

Infatti in un’altra delle conversazioni intercettate nell’auto di Barbetta è proprio quest’ultimo a riferire a un amico che Macori è «uno che lavora con un vecchio, con un cristiano della politica». E poi gli racconta di una persona incontrata a ristorante che non sembra essere lo stesso Macori, non foss’altro perché il loro incontro era stato precedente e a casa del 41enne romano. 

«Questo è un pezzo importante!» Spiega Barbetta. «Oh questo è andato sopra il giornale due anni fa! Pensa che i cristiani ne parlavano ancora tuttora mo’! Quando siamo andati nel ristorante… i cristiani stavano agli altri tavoli poi lo sono venuti a salutare! Delle persone che si vedevano che erano dei pezzi buoni… della catena alimentare! Dicevano: “Però quello che hai fatto tu due anni fa l’hai fatta proprio grande, hai veramente…” Il capo a tutta Roma per quanti soldi… Chi lo sa quanti cazzo di soldi hanno truffati! Che sarebbe quella truffa che hanno fatto a ‘sti politici qua … che però hanno messo tutti quanti dentro due anni fa! E questo era finito sopra i giornali». 

Ecco allora l’importanza di capire chi sia stato davvero a “tradire” tra Macori e Fanella, arrestati entrambi nel 2010 nell’ambito dell’inchiesta sulla maxi frode da 2 miliardi di euro architettata dall’imprenditore “nero” Gennaro Mokbel, capo indiscusso della “banda” ai danni di Telecom Sparkle – Fastweb. Per pensare anche a quanti altri potevano avere interesse a raccogliere il piano abbandonato 2 anni fa da Macori e dai lucani Plastino e Barbetta (più «Roman» ancora da identificare»). Quello di sequestrare Fanella per farsi dire dove nascondeva quel tesoretto di diamanti, gioielli e contanti che i carabinieri hanno trovato poche ore dopo la sua morte nella casa in campagna dei genitori. 

Altre indicazioni determinanti potrebbero arrivare anche oggi dalle udienze di convalida del fermo in carcere di Macori, Barbetta e Plastino. 

A loro carico i pm di Roma hanno individuato una serie di elementi ma soprattutto «numerose somiglianze» ed «evidenti collegamenti» tra il colpo che non riuscirono a portare a termine nel 2012 e quello finito in tragedia il 3 luglio, quando Fanella è stato ucciso nell’appartamento della cugina in via della Camilluccia.

 

l.amato@luedi.it

 

 

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