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CATANZARO – Fatturato illegale in flessione per gli “ecomafiosi”. Nel 2013 è in diminuzione così come scende il numero di infrazioni e di sequestri. Il business ecocriminale, infatti, che era di 16 miliardi nel 2012, nel 2013 sfiora i 15 miliardi di euro. Merito, se così si può dire, del calo degli investimenti a rischio, una sorta di spending review per cui diminuendo la spesa pubblica diminuiscono anche le occasioni di guadagno per le cosche. Leggero calo delle infrazioni rispetto al 2012 (-14%) e dei sequestri (7.764 nel 2013, 8.286 nel 2012), ma aumentano le denunce (28.360, erano 28.132 l’anno precedente), mentre il numero degli arresti rimane stabile a 160. E’ la fotografia scattata da Ecomafia 2014, il dossier di Legambiente che monitora e denuncia la situazione della criminalità ambientale, dedicato quest’anno alla memoria di Ilaria Alpi e Milan Hovratin e del sostituto commissario di polizia Roberto Mancini, recentemente scomparso per la malattia contratta proprio a causa delle indagini sui traffici dei rifiuti condotte tra Campania e Lazio. 

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Nel complesso, il 47% dei reati ambientali è avvenuto in Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. Regioni dove si registra anche il record delle persone denunciate (4.072), degli arresti (51), e dei sequestri (1.339). La regione del centro Italia con più ecocrimini è il Lazio con 2.084 reati, 1.828 denunce, 507 sequestri e 6 arresti, mentre la prima regione del Nord è la Liguria con 1.431 reati. A livello provinciale la classifica vede in testa Napoli, seguita da Roma, Salerno, Reggio Calabria e Bari.
Sono 29.274 le infrazioni accertate nel 2013, più di 80 al giorno, più di 3 l’ora. 
In massima parte hanno riguardato il settore agroalimentare: ben il 25% del totale, con 9.540 reati, più del doppio del 2012 quando erano 4.173. Il 22% delle infrazioni ha interessato invece la fauna, il 15% i rifiuti e il 14% il ciclo del cemento. Rimane sostanzialmente invariato il business illegale dei rifiuti speciali, pari a 3,1 miliardi di euro e il fatturato dell’abusivismo edilizio, stabile a 1,7 miliardi. 
Per i loro traffici – denuncia il rapporto – gli ecomafiosi hanno potuto contare spesso sull’aiuto di funzionari e dipendenti pubblici consenzienti o disonesti. Dal gennaio del 2013 ad aprile di quest’anno sono 21 le amministrazioni comunali sciolte per condizionamento mafioso. A questo vivace dinamismo degli ecocriminali fa da contraltare l’immobilismo della politica nazionale: nel nostro Paese, denuncia il dossier, vige ancora una legislazione a tutela dell’ambiente del tutto inadeguata, a carattere sostanzialmente contravvenzionale e basata su una vecchia impostazione che riconosce massimamente le ragioni dell’economia tralasciando i costi ambientali, sanitari e sociali.
«Il disegno di legge sui reati ambientali approvato alla Camera e la gestazione in Parlamento di un disegno di legge sulla corruzione sono iter necessari e a nostro avviso non più rinviabili. Invece, ancora una volta, sono bloccati – dichiara il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza – E gli inquinatori festeggiano. Perché senza l’approvazione della legge che inserisce i reati ambientali nel codice penale, che seppure troppo limitata e imperfetta rappresenterebbe un chiaro indirizzo e magari anche un punto di non ritorno nella lotta alle ecomafie, sarà difficile istituire inchieste e colpire gli ecocriminali che nonostante i danni pesantissimi inferti alla comunità e all’ambiente continueranno a farla franca». 
Sul fronte della corruzione «è necessaria una risposta urgente perché è proprio l’area grigia dei funzionari pubblici corrotti che arricchisce e rende ancor più potente l’ecomafia – aggiunge la direttrice nazionale di Legambiente Rossella Muroni – Nelle banche straniere transitano soldi accumulati trafficando rifiuti, prodotti alimentari contraffatti e opere d’arte rubate. Diminuisce leggermente il numero dei reati che diventano però più gravi, invasivi e pericolosi». 
La corruzione, «la complicità di quella che abbiamo chiamato “area grigia” dei funzionari pubblici consenzienti – continua Muroni – amplifica il fenomeno che riguarda tutta l’Italia e si allarga all’Europa, danneggiando pesantemente l’economia legale consumandone spazi e risorse e condizionando profondamente alcuni settori strategici, come quello delle rinnovabili ad esempio, dove le organizzazioni criminali investono sempre di più approfittando dei prestiti e degli aiuti europei che gli permettono di ripulire i profitti illeciti attraverso attività economiche legali».
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